Acerra, studenti in piazza come 40 anni fa: ma solo mille sfilano contro la camorra

Il vescovo Di Donna ricorda don Riboldi: ha saputo smuovere le coscienze

La manifestazione anticamorra ad Acerra
La manifestazione anticamorra ad Acerra
di Antonio Menna
Domenica 13 Novembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 15:37
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Sfilano per le strade ordinati e pacifici, i mille studenti del liceo De’ Liguori di Acerra scesi in piazza ieri mattina contro la camorra, nel quarantesimo anniversario di un’altra marcia studentesca, quella che nel 1982, proprio da Acerra, con la mano e l’ispirazione dell’allora vescovo don Antonio Riboldi, aggregò migliaia di giovani in Campania e nel Mezzogiorno e per alcuni mesi fece parlare tutto il Paese.

Sfilano fin troppo tranquilli, questi giovanissimi liceali, che alzano cartelloni, striscioni, lanciano slogan, mentre la città li osserva appena dai balconi, li guarda col sorriso dai tavolini dei bar. Partono di prima mattina dal cortile della loro scuola. In testa il preside, Giovanni La Montagna, che fa gli onori di casa, poi la giovanissima consigliera regionale Vittoria Lettieri (figlia dell’ex sindaco), la delegata del prefetto di Napoli, la viceprefetto Carolina Iovino, con il primo cittadino, Tito D’Errico. Il corteo raggiunge in poco più di un’ora il Duomo, dove ad aspettare la manifestazione c’è Antonio Di Donna, il vescovo e presidente della Conferenza episcopale campana. 

Sul palco, a prendere per primi la parola sono proprio i ragazzi del liceo, che lo scorso 5 ottobre hanno tenuto un’assemblea per stilare il documento ufficiale della manifestazione.

Non solo una ricorrenza ma la necessità di rilanciare un impegno, una mobilitazione vera. «La situazione rispetto al 1982 – si legge nel volantino - è sicuramente cambiata, ma non dobbiamo farci illudere dalla non immediata evidenza degli effetti della camorra. I clan agiscono ancora oggi in modo più subdolo e silenzioso».

Sui cartelloni si vedono le immagini di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giancarlo Siani, che sembrano i veri simboli di questo movimento. Una frase di Roberto Saviano sulla legalità, un ritratto di don Antonio Riboldi.

Sul palco, dove c’è anche la neodeputata del Movimento 5 Stelle, consigliera comunale ad Acerra, Carmela Auriemma, a parlare per primo è proprio il preside La Montagna, acerrano ma nel 1982 assente a quelle manifestazioni perché studente universitario a Roma. «I nostri ragazzi stanno raccogliendo un testimone - dice -, e lo fanno con un grido preciso: no alla fuga dei cervelli. Il loro appello contro la camorra ha questo messaggio: aiutateci a realizzarci qui, nella nostra terra». Parla di passaggio del testimone anche il sindaco, Tito D’Errico: «Faremo di tutto per accompagnare questo movimento. La marcia di oggi è una semina. I nostri ragazzi vogliono studiare in pace, restare legati alle loro radici. Il no alla camorra è soprattutto bisogno di costruire una cultura nuova». 

In piazza anche i giovani di quel 1982: c’è l’ex deputato progressista, l’acerrano Michele Giardiello, e c’è Tommaso Esposito, oggi avvocato, che di quel movimento fu un punto di riferimento. «È emozionante – dice dal palco - ricordare quei giorni. Avevano ammazzato un avvocato e noi decidemmo di convocare un’assemblea per dire che quello era un morto di camorra. Nacque così la voglia dei giovani, accompagnati dalla politica, dai sindacati, di rompere il muro di silenzio e di omertà. Nelle scuole non si poteva discutere di camorra, di mafie, in quel tempo. Noi volemmo rompere quel muro, non piegarci. Andammo da don Riboldi per avere la sala vescovile e lui ci disse: abbiate coraggio, andate avanti». 

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Ultimo a prendere la parola davanti a una piazza animata solo dagli studenti, con pochissima partecipazione della cittadinanza, è il vescovo Di Donna. «Don Riboldi – ricorda - osò chiamare per nome la camorra, di cui si faceva fatica anche a parlare. Lo poté fare perché pochi mesi prima, il 29 giugno 1982, l’episcopato campano produsse un documento dal titolo “Per amore del mio popolo non tacerò”. Una frase che ispirò, poi, don Peppino Diana. Riboldi smosse le coscienze e nacque immediato un rapporto di amore tra un padre e gli studenti, i ragazzi di quel movimento. Non sappiamo se è vero che la camorra avesse poi deciso di uccidere don Antonio, come si è detto. Non accadde, però. Non lo fece con don Riboldi - continua - ma lo ha fatto con don Peppino Diana, qualche anno dopo. Monsignor Riboldi non era un politico, non era un sindacalista ma capì in quel momento che ci voleva qualcuno che fosse un riferimento, e lo divenne. In queste ore in altre zone – a Ponticelli, a San Giovanni – altre piazze si sono animate per alzare lo stesso grido contro una camorra così violenta. È un segno di rinascita necessaria. Come allora vennero i soldi del terremoto, altri soldi ora sono in arrivo, quelli del Pnrr: questo denaro attira gli appetiti dei clan, e per questo ci vuole una nuova riscossa civile. Una nuova resistenza. Acerra - è la conclusione - ha vissuto due resistenze: quella del 1943, nei primi di ottobre, in cui la città si ribellò ai nazisti, con 90 morti, e una seconda resistenza, 40 anni fa, col movimento anticamorra. Oggi siamo di fronte a una terza resistenza; contro la camorra ma soprattutto contro le ecomafie. Vedremo un 25 aprile? È l’auspicio di tutti».

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