Bomba a don Patriciello, presi i registi della faida: «La sfida del nuovo boss»

Minacce di morte al capo dei Vigili: «Strategia per conquistare il territorio»

Gli ordigni a Caivano
Gli ordigni a Caivano
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Venerdì 16 Febbraio 2024, 00:01 - Ultimo agg. 18:57
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Nel pieno della guerra per la conquista dell’area Nord, hanno alzato il tiro: una bomba contro il parroco al Parco Verde di Caivano don Maurizio Patriciello; e minacce di morte (tramite un manifesto mortuario affisso nelle strade del comune) rivolte al capo dei Vigili Urbani di Arzano Biagio Chiariello. Due atti eversivi, che rientrano nella stessa logica: da un lato colpire chi combatte la camorra; dall’altro mostrare i muscoli contro i propri rivali, nel pieno di una faida per la conquista dell’area nord di Napoli.

Sono queste le strategie criminali nella faida che ha visto contrapposti i clan Monfregolo e Cristiano. Inchiesta condotta dal pm anticamorra Giorgia De Ponte e Francesca De Renziis, dall’aggiunto Rosa Volpe, undici arresti in cella, due divieti di dimora. Colpito il gruppo Pezzella, finito sotto inchiesta per camorra, racket e attentati; nel corso delle indagini è stata finanche ricostruita la tangente imposta dai Sautto-Ciccarelli nei confronti di una ditta che aveva vinto l’appalto per la realizzazione del Parco Artistico all’interno dell’ospedale Cardarelli (un giardino tematico tra aiuole e padiglioni): su un appalto di 20 milioni di euro - si legge nella misura cautelare - i clan di Caivano avrebbero imposto all’azienda locale una tangente da 20mila euro, da dividere a metà con i clan del Vomero Cimmino-Caiazzo (in quanto padroni dell’area in cui venivano effettuati i lavori).

Puniti per la loro contrapposizione alla camorra, con il lavoro e le opere di tutti i giorni. Siamo tra il 12 e il 13 marzo del 2022 quando viene fatta esplodere una bomba davanti alla chiesa di San Paolo Apostolo, per zittire le denunce quotidiane (anche contro il degrado) di padre Maurizio Patriciello. Stessa logica contro il capo dei vigili Biagio Chiariello, cui venne intitolato un manifesto funebre per impedirgli di condurre un’azione di bonifica contro occupazioni abusive nelle case popolari di Arzano. Due episodi che potrebbero essere ricondotti in una faida tra la famiglia malavitosa capeggiata da Giuseppe Monfregolo e il gruppo criminale che Pasquale Cristiano gestiva insieme a Vincenzo Mormile: una faida innescata dall'omicidio di Salvatore Petrillo, nipote di Cristiano, vittima di un agguato il 24 novembre 2021, davanti al “Roxy Bar” di Arzano (Napoli), e deceduto in ospedale a Giugliano in Campania quattro giorni dopo, il 20 novembre 2021. Ora si attendono gli esiti delle indagini per inchiodare mandanti e esecutori materiali dei due episodi intimidatori. 

Ma chi sono i soggetti finiti agli arresti? Inchiesta condotta dai carabinieri del comando provinciale, agli ordini del generale Enrico Scandone e dalla compagnia dei carabinieri di Caivano e Giugliano. Si parte dalla figura di Francesco Pezzella, rappresentante della vecchia guardia criminale. A lui, circa venti anni fa, venne ammazzato un fratello, scatenando da allora una volontà vendicativa che si è alimentata nel corso del tempo. Di Francesco Pezzella, ne parla il pentito Pasquale Cristiano: «Un boss innominabile», che temeva costantemente di essere intercettato. Ai suoi uomini era negata la possibilità di pronunciare il suo nome, tanto che per indicarlo utilizzavano un gesto (per altro simile a quello in voga tra i casalesi, a proposito di Francesco Schiavone): si toccavano il mento, per indicare una persona con la barba. Sempre secondo i pentiti, Francesco Pezzella avrebbe ordinato l’omicidio di tre persone ritenute responsabili di avergli ucciso il fratello Mario e colpevoli anche di avere chiesto il «pizzo» senza il suo benestare. In questo scenario, i corpi di alcune vittime sarebbero stati carbonizzati per dare un segnale sinistro all’intero territorio. E non è tutto. Pezzella si era fatto realizzare uno scantinato foderato di alluminio e illuminato da una torcia per tenere i suoi incontri a prova di intercettazioni. Fatto sta che sotto inchiesta finiscono Pasquale Landolfo, 41 anni; Pasquale Pezzella, 64 anni; Pasquale Lucaioli, 33 anni; Pasquale Battista, 37 anni; Maurizio Parolisi, 47 anni; Giovanni e Ciro Ciccarelli, 52 e 29 anni; Mario Pellino, 55 anni; Michele Leodato, 54 anni; Gennaro Ercolanese, 26 anni e Massimo Landolfo, 20 anni. Divieto di dimora invece per Carmela Cimmino, 60 anni e Carmela Landolfo, 22 anni. 

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Racket per il parco urbano artistico nell'ospedale Cardarelli, sull’affare convergevano, secondo quanto emerso, convergono gli interessi di diverse organizzazioni camorristiche: il clan Caiazzo-Cimmino del quartiere Vomero di Napoli e Sautto-Ciccarelli, di Caivano. Si registrano inoltre le interlocuzioni tra i vari referenti delle famiglia malavitose, tra cui anche quello dei Moccia, e un dipendente di una nota ditta di servizi che opera anche nel più grande ospedale del Sud. La prima tranche, 10mila euro, sarebbe stata suddivisa al 50% tra il clan Caiazzo-Cimmino e altre 8 persone). Il filone napoletano si è concluso con le condanne definitive, al termine delle indagini dei pm Carrano e Woodcock a carico di boss e gregari del Vomero.