Caivano, denunce inutili: «Nessuno ha bloccato il branco degli stupratori»

A marzo un episodio verso una ragazzina, la mamma denunciò

Il Parco Verde di Caivano
Il Parco Verde di Caivano
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 28 Settembre 2023, 23:22 - Ultimo agg. 30 Settembre, 16:04
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A marzo la prima violenza sessuale. L’undici marzo, per la precisione, all’esterno di un centro commerciale di Marcianise. Vittima una bambina di 13 anni, aggredita da due bruti poi arrestati pochi giorni fa per gli stupri di Caivano. Avevano picchiato e immobilizzato una ragazzina, per poi consumare violenza sessuale nei suoi confronti. Una storia raccontata martedì mattina a Caivano, che merita un approfondimento: la denuncia della mamma della ragazzina, con tanto di referto medico, non è sufficiente ad attirare l’attenzione su uno dei componenti del gruppo che poi si accanirà contro le due cuginette di Caivano. Una beffa, se si pensa che anche altri due minori arrestati martedì erano stati segnalati per una serie di crimini, rimanendo però ancora liberi di accanirsi contro due bambine. 


Quanto basta a spingere il gip del Tribunale per i minori Forte a battere su un punto in particolare: i principali responsabili degli stupri di Caivano erano liberi e impuniti. Nel senso che potevano essere bloccati prima, magari con un intervento più rigoroso nei loro confronti. Ma andiamo con ordine, a raccontare alcuni retroscena difficili da digerire, a proposito degli orrori che si sono consumati tra giugno e luglio scorsi, all’ombra delle palazzine popolari di Caivano. Come è noto, il branco è stato identificato. Sei minori sono finiti in cella, uno in comunità di recupero; due maggiorenni (di 18 e di 19 anni) sono stati arrestati e sono tuttora in carcere.

Nove nomi, alcuni dei quali avevano già violato la legge per reati gravi. È il capitolo precedenti penali, secondo quanto ha avuto modo di indicare il gip dei Colli Aminei.

Ma seguiamo il suo ragionamento: F.P.B., uno dei più aggressivi nello sferrare pietre, pugni e calci alle due bambine seviziate a Caivano, era finito in un’inchiesta per due delitti, vale a dire per estorsione e tentata estorsione, tra il primo ottobre e il 30 marzo del 2022: parliamo di reati diversi dalla violenza sessuale, bene chiarirlo, per i quali era stata pronunciata una sentenza di non luogo a procedere da parte del giudice dei minori. Una circostanza, quest’ultima, che lo rende innocente e immacolato come qualsiasi altro cittadino, in un contesto che avrebbe comunque meritato maggiore attenzione da parte di assistenti sociali, controlli di pg o educatori, al netto della sentenza di assoluzione.

Diverso e particolarmente gravato il curriculum di altri protagonisti di questa storia. Seguiamo l’ordine che compare nell’informativa alla base della misura cautelare: «A.V. risulta gravato da una richiesta di rinvio a giudizio per il reato di molestie risalente al 2021 e per resistenza, lesioni aggravate e porto di arma bianca risalenti invece al settembre del 2022». Una posizione, questa di A.V., attualmente in cella per lo stupro delle cuginette, che merita di essere approfondita, a partire da una domanda: come mai, al netto di accuse tanto gravi, non sono scattati dei meccanismi di controllo? Perché non è finito in cella o in una comunità? Per quale motivo, ha avuto - tra giugno e luglio scorsi - la possibilità di agire da impunito, nonostante la gravità delle accuse che gli erano state mosse? E andiamo avanti con la galleria di storie di violenze e accuse ricostruita a carico dei presunti capibranco.

Scrive il giudice: «Pasquale Mosca risulta gravato da una richiesta di rinvio a giudizio per il delitto di lesioni aggravate commesse nel dicembre del 2022». E non è finita. Quello di Pasquale Mosca (classe 2004) risulta essere decisamente il caso più spinoso, come hanno avuto modo di spiegare in conferenza stampa martedì scorso la procuratrice Maria Antonietta Troncone e la procuratrice per i minori Maria De Luzenberger: è lui - secondo l’accusa - di aver violentato una ragazzina di 15 anni, lo scorso 11 marzo a Marcianise, assieme al complice A.I. (all’epoca dei fatti non imputabile), poi finito in comunità per gli stupri di giugno e luglio, quando aveva da poco compiuto 14 anni.

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Entrambi avevano immobilizzato la 13enne a colpi di sgambetti e pugni, per poi agire con violenza sulle sue parti intime. Inevitabile una domanda: perché i due complici erano impuniti e liberi? Maggiore tempestività nell’analisi della denuncia della madre - facile a dirsi - avrebbe impedito gli orrori della scorsa estate, avrebbe potuto rappresentare un deterrente anche nei confronti degli altri componenti di un branco oggi assicurato alla giustizia e probabilmente destinato a un processo. Una vicenda che conferma l’esigenza di investire sul ruolo di assistenti sociali e formatori che, in un contesto diverso, avrebbero potuto segnalare le azioni dei capi del branco di Caivano.

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