Parco Verde di Caivano, il giallo delle case popolari: nessuno sa chi le occupa

Canoni mai riscossi, la Corte dei Conti ha condannato l'ex sindaco e alcuni funzionari

Il parco Verde di Caivano
Il parco Verde di Caivano
di Francesco Gravetti
Mercoledì 30 Agosto 2023, 23:43 - Ultimo agg. 1 Settembre, 08:19
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C’è chi lo chiama ghetto, chi si azzarda a definirlo canile, chi un «mostro partorito dalla Stato». Nel quartiere a rischio di Caivano le risorse sono comunque tante: la presenza carismatica di don Maurizio Patriciello e la sua parrocchia, l’istituto scolastico «Francesco Morano» diretto da Eugenia Carfora, il mondo del Terzo settore con l’associazione “Un’infanzia da vivere” che toglie i ragazzi dalla strada. Ma le assenze superano le presenze. Le cose che mancano sono più delle cose che restano. 

È passato poco più di un anno dall’apertura della compagnia dei Carabinieri a Caivano. Prima c’era solo la Tenenza. Le indagini sono continue, le piazze di spaccio vengono fronteggiate ogni giorno, gli arresti sono numerosi: eppure, a sentire i cittadini, alcune zone del Parco Verde restano in mano ai soliti noti, off limits per chi non è gradito. «Quando cambiai la macchina, un ragazzino mi avvicinò e mi disse: se non venite con la vostra solita auto ce lo dovete dire, lo dobbiamo sapere», racconta Anna Magri, una delle attiviste del territorio. Anna vive il Parco Verde, aiuta chi ha bisogno e spiega: «Qui è pieno di gente per bene, ma i presidi sarebbero necessari per stanare i malintenzionati». L’organico degli agenti di polizia municipale è ridotto, dovrebbero essere venti e sono una decina e in molti, oltre ai carabinieri, chiedono da tempo un presidio fisso della Polizia di Stato, senza successo. 



La storia del “Delphinia Sporting Club” è tristemente nota: è il centro sportivo abbandonato dove è avvenuta l’aggressione alle due ragazzine di 10 e 12 anni. Stessa sorte l’ha avuta il teatro, che si trova da quelle parti, e i campi sportivi. Gli spazi di aggregazione, insomma mancano: «Si trattava di un teatro da 700 posti, uno dei più grandi della Campania», si rammarica l’ex sindaco Simone Monopoli che, aggiunge: «È l’intero sviluppo urbanistico ad essere stato irregolare e senza struttura, pensi che il Parco Verde doveva essere un’area residenziale provvisoria». 

 


Un’area così provvisoria, che non si sa chi ci vive. Uno dei nodi più intricati da sciogliere in tutto il quartiere, infatti, è quello dei titolari delle abitazioni. Col passare degli anni, gli assegnatari legittimi hanno lasciato le loro case ad altri, ovviamente abusivi. Risultati: nel Parco Verde ci sono centinaia di residenze fantasma. Proprio Monopoli aveva provato ad avviare un censimento delle dimore, ma poi la sua amministrazione (come molte altre) finì prematuramente. Non solo: un anno dopo il Comune fu sciolto per infiltrazioni della camorra. Un’indagine della Corte dei Conti ha anche accertato che l’ente non ha provveduto a riscuotere i canoni delle case, condannando l’ex sindaco Antonio Falco ed altri funzionari. 

A queste condizioni, entrare in alcune case del Parco Verde è pressoché impossibile. E anche quando ci riesci, non sai chi ci trovi. Lo sanno bene le associazioni e le assistenti sociali del Comune. Poche e in difficoltà. Soltanto tre per circa 40mila abitanti. Dice Antonio Angelino, già candidato sindaco e consigliere comunale: «Fino a dicembre del 2022 era soltanto una.

Poi è stato approvato il bilancio e con lo scorrimento delle graduatorie di altri Comuni sono state assunte altre due professioniste, tuttavia è evidente che non bastano». 

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Il fatto è che il Parco Verde di Caivano è spesso considerata una realtà a parte rispetto al resto della città. E questo, inevitabilmente, la rende un ghetto, un mondo a sé. Sempre Angelino racconta un episodio: «In tutta la città si fa la raccolta differenziata porta a porta, solo nel Parco Verde ci sono dei grandi bidoni dove si raccolgono i rifiuti. Il risultato è che non c’è decoro urbano, non ci sono regole di sviluppo del territorio e non c’è bellezza». L’assenza della bellezza viene sottolineata anche da Marzia Caccioppoli, presidente dell’associazione “Noi genitori di tutti”: «Come nel Truman show, questi ragazzi vivono una realtà distorta. Non hanno mai conosciuto la cultura del bello. Cosa manca? Manca una porta spalancata sul futuro».
 

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