Stupri nel parco Verde di Caivano, l'ipotesi: ​un giro di video per i pedofili

Le perizie sui cellulari affidate a Giuseppe Testa, specialista al lavoro sul caso del bimbo ucciso dal patrigno

Il parco Verde di Caivano
Il parco Verde di Caivano
di Marco Di Caterino
Martedì 29 Agosto 2023, 23:05 - Ultimo agg. 30 Agosto, 16:37
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Ore decisive per le indagini sugli stupri di gruppo avvenuti nel Parco Verde. A distanza di circa un mese dalla denuncia dei familiari delle due ragazzine di 10 e 12 anni finite nelle grinfie del branco, la procura di Napoli Nord ha conferito l’incarico per le perizie sui cellulari dei due maggiorenni coinvolti nell’indagine all’ingegnere Giuseppe Testa, uno specialista di fama e comprovata esperienza nel settore e che ha già svolto un incarico simile nelle indagini sulla morte del piccolo Giuseppe Dorice, il bimbo di sei anni, che abitava a Cardito, ucciso in casa a bastonate da Toni Essobti Badre, nuovo compagno della mamma Valentina Casa; entrambi furono condannati all’ergastolo in corte di assise d’appello. Insomma qualcosa si muove, è il caso di dire finalmente, dato che nel frattempo la tensione sociale nel Parco Verde sta superando il livello di guardia. E in una sorta di effetto domino, un provvedimento simile è atteso nelle prossime ore da parte della Procura dei Minori, che invece indaga sulla posizione di otto minorenni, di età compresa tra i 14 e i 17 anni.

L’ufficio giudiziario aversano avrebbe fissato, per la consegna delle perizie sui cellulari, il termine temporale di trenta giorni, vista l’urgenza, al posto dei canonici due mesi. Il compito assegnato agli esperti è quello di analizzare le memorie dei cellulari, ricostruire tutte le conversazioni nelle varie chat, esaminare i tabulati delle telefonate ricevute e inviate non solo tra gli indagati ma anche con le vittime e verso soggetti esterni al branco, estrapolare tutte le tracce segnate dal dispositivo gps e confrontarle con le varie celle telefoniche. Un lavoro davvero improbo finalizzato ad accertare, tramite i tracciamenti di queste “scatole nere” della vita di ognuno di noi, la presenza degli stupratori e delle vittime negli stessi posti e negli stessi orari in cui sono avvenuti gli stupri, due dei quali si sono consumati nell’ex centro sportivo “Delphinia” e altri nel parco pubblico intitolato ai giudici Falcone e Borsellino, ubicato al centro di Caivano a poche decine di metri dalla sede della polizia municipale. Sono i luoghi dei quali hanno memoria certa le due vittime, mentre per gli altri posti bisognerà attendere i risultati della perizia.

 

Al vaglio degli inquirenti anche un altro aspetto sconvolgente di questa lurida vicenda.

Riguarda una delle due vittime, che avrebbe registrato sul suo telefonino più di un video dove compie atti di autoerotismo. Video poi inviati sul cellulare di uno dei minorenni indagati, scoperti dal papà del sedicenne prima che lo stesso apparecchio venisse sequestrato dai carabinieri. Come pure bisognerà accertare con prove concrete quello che avrebbe dichiarato la ragazzina più piccola in merito ai rapporti sessuali completi a cui era costretta, da quando aveva otto anni e mezzo, dall’allora sedicente fidanzatino. Infine, anche i genitori delle due vittime sono oggetto di indagini e verifiche, finalizzate ad accertare se le rispettive famiglie abbiamo adottato il controllo genitoriale sulle ragazzine, o abbiano voltato la testa da un’altra parte.

Video

Sarà veramente complicato per gli inquirenti ricomporre tutte queste tessere: occorre anche individuare i ruoli avuti dagli indagati e soprattutto chi ha organizzato tutta questa oscena, disumana, crudele vicenda i cui orribili capitoli sono stati ripresi dagli immancabili cellulari e postati nelle chat degli stessi protagonisti, o peggio piazzati sul fiorente mercato degli orchi che non badano a spese per avere nelle loro luride collezioni anche questi “articoli”. Lo stupro di Caivano, che ha destato orrore e raccapriccio in tutto il Paese, finirà nelle pagine del Times di Londra e del New York Times. «Ieri mattina – racconta Bruno Mazza, fondatore dell’associazione “Un’Infanzia da Vivere” – sono stato diverse ore al telefono con i giornalisti delle due testate straniere. Erano molto colpiti dalla vicenda, che è già nota su diversi siti inglesi e americani». Il lato positivo, se così si può dire di una vicenda come questa, è il fermo completo da cinque giorni di tutte le attività dello spaccio, che non hanno incassato nemmeno un centesimo. La prova? Quell’energumeno che ha minacciato giornalisti e operatori della troupe di Rai 1 era fuori dai gangheri perché aveva trovato appunto chiuse tutte le piazze di spaccio.
 

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