Capri, i Faraglioni fanno preistoria, riemerso un oggetto del neolitico

La pietra proviene da Lipari e potrebbe essere arrivata con un'imbarcazione poi affondata

Capri, i Faraglioni fanno preistoria, riemerso un oggetto del neolitico
Capri, i Faraglioni fanno preistoria, riemerso un oggetto del neolitico
di Giovanni Chianelli
Mercoledì 22 Novembre 2023, 07:46
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E così sembra che i Faraglioni siano frequentati dalla notte dei tempi. Ci passavano davanti in tanti, già migliaia di anni fa, un po' come succede coi turisti che ogni anno li vengono ad ammirare. Si trattava di navi mercantili in transito a largo della costa caprese: e chissà se quegli antichi marinai non restassero altrettanto stregati dalla conformazione delle rocce che li ha resi noti in tutto il mondo.

A raccontarlo sono alcuni reperti: dall'abisso del passato escono fuori una serie di oggetti in ossidiana, evidentemente lavorati per via delle tracce di colpi di scalpello che presentano in superficie. Misurano una ventina di centimetri per lato e pesano una decina di chili; sono stati ritrovati a ottobre a una profondità tra i 30 e i 40 metri, nei pressi dei celebri scogli dell'isola azzurra. Per ora ne è stato recuperato uno e altri cinque verranno presto riportati in superficie. I pezzi sono stati ritrovati dal nucleo subacqueo della questura di Napoli, poi la soprintendenza per l'area metropolitana ha provveduto al recupero; ora il reperto già emerso si trova nei depositi per la pulizia dai resti marini. Secondo le ipotesi i reperti farebbero parte del carico di un'imbarcazione che gli esperti datano in età neolitica, questi in particolare sono da collocare tra il 3500 e il 5000 a.C.

Come si fa a conoscere l'arco temporale? «Dal materiale in cui sono composti» dice Luca Di Franco, l'archeologo della soprintendenza che si sta occupando del ritrovamento con Simona Formola e Carlo Leggieri. «L'ossidiana, una pietra vetrosa, era il materiale usato prima dell'epoca del metallo. Serviva soprattutto come strumento di taglio, le parti scheggiate che si trovano sull'estremità del pezzo hanno la funzione di lame».

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Ma c'è altro, l'ossidiana è di provenienza eoliana: «Lipari in quella fascia cronologica era ricca di pietre, possedeva le cave più note dell'antichità ed era al centro di commerci fiorenti». La rotta, la materia, la tipologia di utensile rinvia a quella che gli storiografi da poco tempo stanno identificando come faces liparo-caprese, ovvero un tipo di cultura che avrebbe unito le due isole del Tirreno: secondo la teoria sarebbero stati un unico popolo distribuito tra due luoghi. «Per questo la scoperta, che conforta l'ipotesi, si può definire sensazionale. E poi racconta della centralità di Capri nelle rotte mediterranee e le tecniche di navigazione di migliaia di anni fa, in epoche in cui ci pare impensabile che potesse avvenire». Si svolgeva principalmente a bordo di ampie piroghe e così potrebbe esserci anche il relitto dello scafo, a largo dell'isola: «Se, come sembra, andò a picco, si potrebbero trovare i resti dell'imbarcazione. È una zona di transito e non di ormeggio, quasi sicuramente la barca affondò». Il soprintendente Mariano Nuzzo usa cautela: «Ora sono necessarie ulteriori rilevazioni del fondale per verificare la presenza dello scafo o di altro materiale che si trovava a bordo della piroga. Lo scavo subacqueo è complesso di suo, questo avviene in un contesto particolarmente difficile per le indagini e il recupero di materiali antichi: la quota del fondale è molto bassa».
 

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