Dunque, il giudice non ha creduto alla loro versione. E ha firmato una misura cautelare, gli arresti in carcere, per omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla crudeltà. È questo il primo step dell’inchiesta a carico dei due sedicenni accusati dell’omicidio del 40enne ghanese Frederick Akwasi Adofo, massacrato di botte domenica scorsa a Pomigliano d’Arco.
Difesi dagli avvocati Edoardo Izzo e Umberto De Filippo, i due indagati hanno risposto alle domande, provando a sminuire la portata della loro condotta: hanno parlato di un diverbio, come causa scatenante il litigio; e hanno sostenuto di aver lasciato il ghanese in condizioni vigili e in movimento; avrebbero appreso dell’avvenuto decesso solo diverse ore dopo.
Una ricostruzione a cui il giudice non ha prestato credito, come emerge da un dato: la storia del diverbio non appare credibile, tanto da spingere il giudice a sostenere la pista delle aggravanti della crudeltà e dei futili motivi dietro l’assalto a Frederick.