Salandra, il bosco rivive nella lotta tra ecologisti e trafficanti dei rifiuti

400 ettari sottratti al cemento ma nel mirino di chi sversa veleni

Salandra, il bosco rivive nella lotta tra ecologisti e trafficanti dei rifiuti
Salandra, il bosco rivive nella lotta tra ecologisti e trafficanti dei rifiuti
di Serena Palumbo
Giovedì 15 Febbraio 2024, 08:33
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Tornano le visite guidate nel bosco sottratto alle mani della camorra. Vincoli archeologici, idrogeologici e paesaggistici emergono tra le discariche abusive. Due generazioni di residenti si mobilitano per salvarlo. Via alle passeggiate culturali. «ll bosco della Salandra racconta Francesco Panzetti, archeologo e membro dell'associazione Salandra lovers - si estende su una collina di quattrocento ettari. Una parte è di proprietà della curia. L'altra apparteneva a una società che da tempo non risulta più iscritta al registro delle imprese. Supponiamo che sia transitata ai soci che ne facevano parte».

Un bosco condiviso tra più proprietari: la curia, un gruppo anonimo per ora, e la camorra che sarebbe felice di condurre un assalto per la speculazione edilizia. «Si tratta di una storia che fonda le sue radici nella cementificazione devastante.

Il clan Polverino, egemone a Marano, iniziò a interessarsi all'area quando su questa collina si voleva costruire un complesso residenziale uguale a quello di Città Giardino. La visura catastale conferma che la società che si intestò il terreno nel 1984 voleva realizzare case. Tra la fine degli anni Novanta e l'inizio degli anni Duemila strumenti urbanistici comunali, provinciali e regionali hanno bloccato questi appetiti, istituendo vincoli archeologici».

Scampato alle mire camorristiche, il bosco non è stato immune ad altri tipi di distruzione. «Quando abbiamo iniziato a interessarci alla zona spiega Mario Audino, vicepresidente dell'associazione -, le immagini satellitari mostravano una grandissima chiazza bianca. Era spazzatura, una vera e propria discarica abusiva tra natura incolta e mura romane. Abbiamo unito due gruppi di attivisti, uno veterano e uno giovane, intervenendo concretamente». Anche l'archeologo Panzetti lo conferma: «Si tratta di un traffico di scarichi illeciti sempre in corso. Nella maggior parte dei casi è materiale di risulta. L'accesso al verde è libero e facile anche per i camion. Così le ditte edili sversano qui rifiuti speciali per non pagare i costi di smaltimento, presentando il conto alla natura. In una grotta che nel 1615 ha ospitato un'eremita c'è una grossa cassetta con lamiere di amianto. Puliamo costantemente, ma sull'amianto abbiamo le mani legate».

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Nonostante l'accesso sia libero, la proprietà resta privata ed è per questo che l'intervento del Comune di Marano è stato limitato. «Nel 2019 aggiunge l'archeologo -, sotto l'amministrazione Visconti, la consigliera di minoranza Stefania Fanelli discusse in consiglio comunale un progetto per la realizzazione di un parco urbano. L'idea fu bocciata. Ma il sindaco eletto nel 2023 ha dichiarato di avere quella intenzione. Attualmente ha disposto un sistema di videosorveglianza per punire gli sversamenti e supporta la nostra associazione nelle attività di bonifica. Siamo ottimisti».

Ma accanto alla tutela, l'associazione Salandra lovers spera in una valorizzazione. «Il bosco è ricco di sorprese. Tra il 1990 e il 1992 il Gruppo Archeologico Napoletano ha condotto uno studio, catalogando e ricostruendo la storia dei reperti. Ci sono due cisterne romane e un piccolo Ciaurro. Ma il simbolo del bosco resta il monastero scavato nel tufo. Si tratta di una struttura di epoca romana, che nel corso degli anni ha avuto vari utilizzi. In origine era un complesso termale, poi abbandonato. Riabitato da animali e pastori, nel 1500 la sua struttura è stata ampliata. Scavate nella parete di tufo, ancora oggi, sono visibili le celle degli eremiti, suoi ultimi abitanti fino al 1800. L'obiettivo della nostra associazione è quello di unire l'archeologia, la natura e la piccola comunità di contadini testimone di tradizioni antiche, creando una visione unica a beneficio di tutti. Vogliamo far vivere di eventi questo posto. Deve diventare un polo di attrazione in un comune depresso e privo di possibilità».
 

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