Isca, Stato e Regione si defilano: l’isola di Eduardo ai privati

Scaduti i termini, gli enti pubblici non esercitano il diritto di prelazione

L'isola dell’Isca
L'isola dell’Isca
di Massimiliano D’Esposito
Martedì 13 Dicembre 2022, 22:59 - Ultimo agg. 15 Dicembre, 07:21
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Si chiude - stavolta in via definitiva - la partita per la proprietà de l’Isca, l’isola che è stata l’eremo di Eduardo De Filippo e poi di suo figlio Luca prima di essere venduta dagli eredi di quest’ultimo ai titolari dell’Antica Sartoria di Positano. Operazione di compravendita perfezionata già un anno fa, salvo essere messa in discussione lo scorso settembre dalla decisione della Soprintendenza di Napoli e provincia di apporre sul lembo di terra che emerge dalle acque di Massa Lubrense il vincolo storico-artistico e archeologico. Si era presentata così del tutto inattesa l’occasione per riaprire i giochi e tentare di rendere l’isolotto un bene pubblico.

Un sogno rimasto tale visto che nessuno degli enti ai quali il sindaco Lorenzo Balducelli si è rivolto ha voluto mettere sul piatto gli oltre 10 milioni di euro necessari a far valere il diritto di prelazione e strappare dalle mani di Giacomo Cinque e Riccardo Ruggiti quello che fu il buen retiro di Eduardo De Filippo, uno spicchio di terra che si erge dal mare tra i due golfi a poca distanza dall’arcipelago de Li Galli, da Marina del Cantone e da Positano.

Un angolo di paradiso del quale si innamorò, a ragione, Eduardo De Filippo, che acquistò l’Isca negli anni quaranta dal banchiere Tommaso Astarita. 

Sull’isola, che ha una superficie di circa 30mila metri quadrati, sorgono una casa ed altre strutture. Un giardino incantato dominato dalla natura che i due imprenditori della moda non vogliono lasciarsi sfuggire. Presentano un’offerta che gli eredi di Luca De Filippo accettano. Siamo sui 10 milioni e 300mila euro.

Ma l’Area marina protetta di Punta Campanella e il Comune di Massa Lubrense cercano di far valere la prelazione. L’Isca, infatti, ricade in zona B del Parco, quella a tutela generale. Grazie al supporto della locale sezione dell’Archeoclub viene inviato un corposo dossier al ministero della Transizione ecologica documentando l’importanza storica, archeologica, ambientale e naturalistica dell’isola sulla quale sono presenti i resti di una antica villa romana. Inoltre l’isolotto ospita una grotta sottomarina ed è punto di nidificazione del gabbiano corso, una specie protetta. Si mobilitano anche associazioni territoriali ed ambientaliste. Ma dal ministero fanno sapere che non hanno la possibilità di stanziare la cifra utile ad acquisire l’Isca. 

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Lo scorso gennaio scadono i termini per far valere la prelazione. Ormai i giochi sembrano chiusi. Almeno fino a settembre, quando la Soprintendenza appone il vincolo sull’isola. In base al codice dei Beni culturali, il ministero, ma anche gli enti territoriali come la Regione Campania, la Città metropolitana e il Comune di Massa Lubrense possono di nuovo esercitare il diritto di prelazione. Hanno 60 giorni di tempo. Il sindaco Balducelli torna alla carica. Nelle casse del piccolo Comune della Costiera non ci sono le risorse necessarie. Scrive allora all’ex ministro Dario Franceschini, al governatore Vincenzo De Luca e al sindaco metropolitano Gaetano Manfredi chiedendo in modo accorato che l’Isca possa essere «annoverata tra i beni pubblici, patrimonio non solo di Massa Lubrense, ma dell’Italia e del mondo intero». Parole che non smuovono gli animi e non aprono i portafogli. Nessuna delle istituzioni interpellate, fanno sapere dal Comune di Massa Lubrense, ha risposto all’appello. Ormai i giochi sono fatti e l’Isca può considerarsi di proprietà di Cinque e Ruggiti. Imprenditori che si dicono comunque intenzionati a rispettare i tesori ambientali e storici custoditi dall’isola. 

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