L’Aglianico nello spazio per curare l’osteoporosi: la Campania va in orbita

L’Aglianico nello spazio per curare l’osteoporosi: la Campania va in orbita
di Dario Sautto
Domenica 29 Agosto 2021, 00:00 - Ultimo agg. 20:56
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Napoli e la Campania tornano nello spazio grazie ad un esperimento sulle vinacce di Aglianico per la cura contro l’osteoporosi. Il tutto grazie a un team giovane, tutto napoletano. È slittato a oggi – alle 09:14 ora italiana – il lancio di ReADI FP (REducing Arthritis Dependent Infiammation Firt Phase), il progetto tutto «made in Napoli» che porterà dove vent’anni la Campania nello spazio. La capsula napoletana raggiungerà la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) grazie a un razzo Falcon della società Space X di Elon Musk e contiene un mini laboratorio con tecnologie avanzate, interamente realizzato a Napoli dal Consorzio Ali (Aerospace Laboratory for Innovative components). 

Il laboratorio – che sulla terra avrebbe bisogno di almeno due grosse stanze per poter funzionare – è stato miniaturizzato e ingegnerizzato, in modo da garantire il funzionamento dell’esperimento sulle vinacce di Aglianico dell’azienda Mastroberardino, ideato dal professor Geppino Falco del Dipartimento di Biologia dell’università Federico II, che permetterà di sconfiggere l’osteoporosi. Una patologia molto comune anche tra gli astronauti che, a causa delle radiazioni e della mancanza di gravità, subiscono un’accelerazione delle conseguenze. 
Parte dell’iniziativa è stata finanziata dalla Regione Campania, nell’ambito progetto principale CA.DI.RA (CApsula DI Rientro Atmosferico) che lavora al lancio di minisatelliti interamente napoletani.

Il team è composto in totale da venti persone che hanno partecipato attivamente al progetto. Due biologi della Federico II e due tecnici di Ali sono adesso alla Base «John F. Kennedy» Space Center della Nasa di Cape Canaveral per garantire tutte le operazioni che precedono il lancio. «Abbiamo lavorato al progetto per oltre un anno – spiega Giovanni Squame, presidente del Consorzio Ali – insieme al Dipartimento di Biologia. Noi abbiamo garantito la parte tecnologica, in moda ingegnerizzare l’esperimento, mettendo a punto un hardware che permettesse le varie prove di laboratorio nello spazio, in assenza di gravità. Su questo progetto hanno lavorato in particolare due giovanissimi ingegneri napoletani, Marco Miceli e Michele Cioffi, che hanno appena 28 anni e siamo riusciti a valorizzare qui a Napoli prima che lo facesse qualche grande azienda straniera. Anche per questo siamo soddisfatti». 

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Miceli è negli Stati Uniti: ha curato la parte di montaggio della capsula e la consegna alla Nasa. Il controllo del laboratorio è affidato a Cioffi, giovane dell’area stabiese, che ha spiegato al Mattino cosa sarà ReADI FP. «Siamo riusciti a miniaturizzare i processi per poter replicare gli esperimenti di microfluidica – ha spiegato l’ingegner Cioffi – in modo che le iniezioni biologiche avvengano in maniera automatica. Il nostro obiettivo era garantire la massima automazione dei processi in spazi ridotti, senza che ci sia bisogno dell’intervento degli astronauti. Una volta arrivata alla stazione orbitante, il mini laboratorio dovrà essere soltanto collegato all’alimentazione elettrica, poi svolgerà tutti gli esperimenti in autonomia». 

Lo studio, però, è stato molto complesso: «C’erano da garantire soprattutto gli standard di sicurezza richiesti dalla Nasa – ha aggiunto Michele Cioffi – perché la capsula non deve essere pericolosa né per i sistemi di lancio, deve essere compatibile con la stazione spaziale e non deve arrecare problemi per gli astronauti. Dunque, non devono esserci materiali tossici, né perdite i fluidi e tutto deve essere ermeticamente chiuso. Per il funzionamento dell’esperimento – ha precisato il giovane ingegnere originario di Gragnano – abbiamo adattato alcuni circuiti già esistenti e utilizzati per altri scopi, come le celle di colture cellulari o i dispositivi di iniezione fluidica solitamente usati per l’insulina». Inoltre, nel logo scelto per la missione ReADI FP compare anche Castellammare di Stabia, che dal 2012 – dopo aver ospitato l’evento conclusivo dell’Expo dello Spazio – è rimasta nel cuore dell’astronauta Roberto Vittori: insieme all’ingegnere stabiese Norberto Salza (fondatore di Ali), ha deciso di portare nello spazio la città delle acque. L’importante joint venture napoletana vede coinvolte l’università Federico II, il Consorzio Ali e Marscenter, storica realtà imprenditoriale dell’aerospazio fondata da Rodolfo Monti e Luigi Gerardo Napolitano (a loro è dedicata la missione) e rinata negli ultimi anni.

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