Basilica di San Paolo Maggiore a Napoli, aperta dopo cento anni la cripta dei misteri

La meraviglia di un luogo chiuso da un secolo eppure perfettamente conservato

Aperta dopo cento anni la cripta dei misteri
Aperta dopo cento anni la cripta dei misteri
Paolo Barbutodi Paolo Barbuto
Mercoledì 1 Novembre 2023, 08:00 - Ultimo agg. 2 Novembre, 06:50
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Il marmo che copre la terrasanta della cripta di San Paolo Maggiore si solleva con fatica e scorre sul bel pavimento di marmo del succorpo di San Gaetano Thiene. Infilarsi è un po' complicato, le scale sono ancora in buono stato, in fondo ai gradini la meraviglia di un luogo chiuso da un secolo eppure perfettamente conservato, come se l'ultimo teatino l'avesse frequentato ieri. Alle pareti testi biblici affrescati, nel vascone dell'ossario i resti degli ultimi religiosi, sull'altare ipogeo l'affresco di una deposizione malridotto, più in basso un altro affresco si scorge a malapena: è una raffigurazione della città di Napoli al centro della quale brilla la luce di Dio, scesa a proteggerla. 

Al sopralluogo nella terrasanta, a lungo rimasta vietata ha potuto partecipare anche il Mattino. Per raccontare quel luogo gli aggettivi non sono sufficienti, un misto di emozione e spavento, di pietà cristiana e entusiasmo per la (ri)scoperta.
Le stanze sotterranee non sono vaste eppure hanno tanto da svelare. Ogni singola parete è stata utilizzata come lavagna per messaggi destinati ai fedeli. Frasi bibliche, testi dai vangeli: ogni parola riporta alla morte, alla necessità di redenzione, alla certezza del giudizio divino, alla garanzia di resurrezione.
Si tratta di frasi affrescate e circondate da cornici che vogliono rappresentare lapidi di disegno barocco. È incredibile la nitidezza di quelle scritte dipinte sulle pareti almeno duecento anni fa, è affascinante farsi guidare nella traduzione da padre Carmine Mazza, rettore della Basilica di San Paolo che ha voluto riaprire quei luoghi e che spera di poterli mostrare anche ai visitatori. 

Non ci sono i classici segni della morte che sono presenti in tante altre cripte napoletane.

Non sono stati esposti i teschi dei defunti, c'è qualche mucchio d'ossa in alcuni angoli e molti resti nel grande vascone che domina la cripta ed è circondato anch'esso da un affresco, di mano incerta, che probabilmente vuole rappresentare il sepolcro di Cristo.

In tutta la cripta c'è una sola lapide, piccina, posta alla destra dell'altare con le incisioni nel marmo ancora perfettamente leggibili: D. Fabio Caracciolo Duca di Belcastro 1708. In realtà un Fabio Caracciolo Duca di Belcastro risulta nato a Napoli nel 1639, morto a Belcastro ma sepolto a Napoli il 21 febbraio del 1709, un anno dopo rispetto alla data incisa nella lapide della cripta di San Paolo. Sarà uno dei misteri da decifrare nel corso degli studi che verranno avviati in concomitanza con i necessari interventi di pulizia e risistemazione. 

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Come troppo spesso è avvenuto in passato, anche questa terrasanta è stata utilizzata come sversatoio per lavori edili. Al centro della cripta c'è un gigantesco cumulo di terra mista a residui di lavorazioni. È in concomitanza con una delle aperture del marmo nella chiesa sovrastante: quel marmo, probabilmente nel dopoguerra, venne sollevato e usato per liberarsi di residui di lavori.

«Occorre innanzitutto ripulire questo luogo, poi verificare che le condizioni di sicurezza siano garantite e infine progettare la possibilità di aprirlo alle visite di fedeli e turisti», auspica padre Carmine che, però, pensa subito all'ingente sforzo economico necessario per centrare l'obbiettivo.

In soccorso del rettore della basilica di San Paolo s'è già manifestato Enzo Albertini, inventore della Napoli Sotterranea e pronto «ad occuparmi personalmente della pulizia e degli eventuali lavori per consentire a padre Carmine di proseguire nel progetto». 

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