Caffè vietato, la sfida dei bar a Napoli: «Lo vendiamo lo stesso»

Caffè vietato, la sfida dei bar a Napoli: «Lo vendiamo lo stesso»
di Antonio Menna
Martedì 22 Dicembre 2020, 00:00 - Ultimo agg. 14:16
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No, il caffè no. Il caffè del bar ce lo dovete lasciare. Va bene la pandemia. Va bene il distanziamento. Possiamo rinunciare al cenone in famiglia e al veglione di Capodanno. Ai regali sotto l’albero e alla passeggiata a San Gregorio Armeno. Possiamo evitare la santa messa il 25 e la tombolata con gli amici il 26. Ma ’na tazzulella di caffè, che “acconcia ’a vocca a chi nun po’ sape’”, no. Il caffè del bar non ce lo potete togliere. Fate una ordinanza, un Dpcm, un decreto, una circolare, un emendamento: vedete voi chi, Governo, Regione, Comune, ma restituiteci il caffè del bar. Non ci stanno i baristi napoletani, al divieto di servire i caffè dopo le 11 del mattino, e disobbediscono in massa. Chi l’ha avuta questa idea geniale di consentire solo la vendita di acqua minerale? Sarà una sofisticata punizione superiore, una bacchettata sulle mani, avrà una finalità pedagogica a noi sconosciuta perché davvero non si capisce il motivo per cui un bar, dopo le 11, può venderti una bottiglietta di minerale ma non un caffè. A Napoli, poi, sembra una penitenza. Naturale che, a fronte di regole così oscure, praticamente tutti i bar continuino a far sbuffare le macchine. A volte platealmente, altre più di nascosto, escogitando sistemi fantasiosi, giusto per non “sfrocoliare” la legge. Ma un bar a Napoli il caffè te lo prepara sempre.

 

«E che facciamo, gli acquafrescai?», dice un barista ai Ponti Rossi, che senza battere ciglio, alla richiesta del caffè, entra nel suo locale, lo prepara e lo porta fuori, con tanto di bustina di zucchero. «Paura della multa? Vabbè, mi guardo intorno. Ci manca solo la multa, già stiamo messi bene. Ma lo voglio vedere un vigile che viene qui a farmi il verbale perché ho servito un caffè dopo le 11. Jamme, è una barzelletta questa legge». Da Est a Ovest, dalla periferia a Posillipo, in quattro ore, dalle 11 alle 15, ne abbiamo presi sette (tre bevuti, quattro regalati ai tombini). Nessun bar ce lo ha rifiutato. A parte l’esaurimento nervoso, una conferma: chiedere a un bar napoletano di non fare il caffè è come chiedere a una mucca di non dare latte. Una cosa contro natura. «Ma io vorrei capire il significato di questa regola - dice un barista dei Quartieri Spagnoli - Noi non vogliamo disobbedire. La pandemia ci preoccupa, io stesso ho preso il virus e me la sono vista brutta. Non sottovaluto niente. Ma mi devono spiegare perché prima delle 11 posso servire un caffè e dopo le 11 no. E poi perché l’acqua minerale sì e un caffè no? Io veramente non mi faccio capace, scusate». «Che poi è un controsenso - dice un barista di via Costantinopoli - L’acqua te la puoi portare da casa. Ma il caffè del bar è il caffè del bar. Non si può sostituire. Io avrei capito più il contrario. Niente bevande ma il caffè sì. Invece stiamo facendo le cose alla rovescia. Mi pare un manicomio». Eppure l’ultima ordinanza del governatore De Luca parla chiaro: non solo zona arancione invece che gialla, ma «per i bar e gli altri esercizi di ristorazione, dalle ore 11, divieto di vendita con asporto di bevande alcoliche e non alcoliche, con esclusione dell’acqua». L’obiettivo dichiarato è di evitare aperitivi all’aperto, cioè impedire quei tradizionali gruppetti di amici che nelle feste si vedono all’esterno dei bar, a ora di pranzo o nel pomeriggio, per bere e farsi gli auguri. «Siamo d’accordo ma che c’entra il caffè? - si domanda il titolare di un Bar Tabacchi di Chiaiano - Come ha indicato l’esclusione dell’acqua non poteva escludere anche il caffè? Un bar mica vive di acqua minerale».   

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Increduli e stanchi. Sfidano, i baristi napoletani, ma non troppo. Se gli chiedi il caffè te lo fanno. Ma se chiedi di dare il nome o di farsi fotografare, no. Qualcuno si è inventato il delivery. È vietato l’asporto ma non la consegna. Se fai una telefonata e ordini il caffè, viene il ragazzo e te lo porta. Anche se stai sul marciapiede di fronte. È vietato anche il consumo per strada - si può obiettare - ma a quel punto è affare del cliente. «Io capisco tutto, mi dovete credere - osserva un barista del Vomero - stiamo facendo enormi sacrifici. Non abbiamo il servizio ai tavoli, non usiamo nemmeno le tazze di ceramica. Solo monouso e solo all’esterno. Dalla vigilia chiudiamo, festivi e prefestivi chiusi. Ma questa cosa del caffè veramente non si riesce a capire». «È ufficiale - conclude lapidario un barista di via Toledo, facendosi una risata nervosa - è uno scherzo. Avranno preso il Natale per Carnevale».
 

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