Afghanistan, l'attivista, il prof e il cronista Ponticelli: «Vogliamo solo normalità»

Afghanistan, l'attivista, il prof e il cronista Ponticelli: «Vogliamo solo normalità»
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 10 Settembre 2021, 10:02
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Amina ha due occhi grandi e intensi, uno sguardo che racconta la sua storia anche senza parlare. Occhi di un colore indecifrabile. Proprio come le emozioni di chi esprime gioia e gratitudine per essere riuscita a mettersi in salvo portando con sé i suoi due bimbi, ma pure il terrore per un marito-soldato rimasto nell'inferno dell'Afghanistan senza potersi imbarcare. Un marito dall'altra parte del mondo e tra le braccia due bimbi ancora in età incosciente che ridono e giocano mentre la mamma racconta tra sorrisi accennati che poi diventano smorfie di paura. Amina è tra i 112 profughi che sta per lasciare il Covid residence di Ponticelli, o come lo hanno ormai soprannominato per le comodità e l'accoglienza i tanti rifugiati, il «Covid Resort». Oggi tutti saranno prelevati per essere portati in altri centri d'accoglienza della Campania come già è stato fatto nei giorni scorsi con i primi due gruppi di profughi afghani che hanno soggiornato nella struttura di Ponticelli.

 

Non vuole raccontare solo la sua storia personale Amina, nonostante la sua vita sia cambiata all'improvviso in soli pochi giorni.

In Afghanistan Amina, neppure 30enne, era presidente di un'associazione per i diritti delle donne. «So che a voi - dice ai giornalisti - può interessare la mia storia, ma io devo essere testimone anche di ciò che ho visto prima di lasciare il mio Paese: bimbi affamati, donne sconvolte, uomini uccisi». Amina è consapevole del dramma vissuto da chi è rimasto dall'altra parte, proprio come suo marito. Per questo chiede di non essere identificabile, teme che i talebani possano vendicarsi con suo marito perché lei a Kabul era una paladina dei diritti civili. «Ora tutti - dice - dobbiamo fare uno sforzo per salvare chi è rimasto lì». Intanto, mentre Amina parla, il suo bimbo più grande sorride e gioca anche con il direttore dell'Asl Napoli 1, Ciro Verdoliva e con Italo Giulivo, che ha dirige l'Unità di Crisi della Campania per conto della Protezione Civile. «È stato uno sforzo straordinario - raccontano Verdoliva e Giulivo - a queste persone abbiamo cercato di non far mancare nulla». Dopo una sanificazione il Covid residence tornerà ad ospitare le persone asintomatiche affette dal virus.

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Se tra le donne c'è anche una ragazza afghana che parla perfettamente l'italiano per aver studiato a Trento e che lì vorrebbe tornare, sono toccanti anche le storie degli uomini. C'è un giornalista della tv di Stato afghana tra gli ospiti della struttura di Ponticelli, anche i suoi occhi tristi dicono tante cose. È qui da solo, la sua ragazza non può partire se prima i genitori di lei non formalizzano l'avallo al matrimonio. La sua fidanzata è ciò che gli manca di più, non può dire il suo nome perché essendo conosciuto in Afghanistan non può attirare attenzioni da parte dei talebani. Il giornalista spiega di essere laureato in informatica e in Italia sarebbe disponibile a fare il web designer dopo che gli sarà data l'opportunità di imparare la nostra lingua. C'è poi il professore di Scienze politiche, si chiama Aslam. L'uomo racconta di essere partito portando con sé soltanto un libro sul tema dei diritti internazionali delle donne e poi un suo lavoro scientifico. «Ho voluto salvare - dice - tra le poche cose che mi è stato permesso di portare almeno il mio lavoro per il quale ho impiegato anni». Aslam parla un inglese fluente e anche lui ha lasciato moglie e figli in Afghanistan. La sua preoccupazione principale è ricongiungersi con la sua famiglia e ha già chiesto - tramite i mediatori culturali - di poter far portare moglie e figli in un Paese al confine con l'Afghanistan per potere incontrarli senza il pericolo dei talebani. Oggi, intanto, tutti andranno via. Ognuno per la sua strada, ognuno con la sua storia e con altri occhi per guardare il mondo. 

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