Afragola, il rione Salicelle degli invisibili: nelle strade senza nome gli abitanti sono numeri

Afragola, il rione Salicelle degli invisibili: nelle strade senza nome gli abitanti sono numeri
di Marco Di Caterino
Mercoledì 11 Maggio 2022, 09:00
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Il Rione Salicelle come Tokyo. Con le strade che non hanno nome. Solo che mentre nella capitale del Sol Levante le arterie hanno un codice numerico, qui, ad Afragola, ci sono settemila anime che abitano tutte banalmente in via Salicelle, più il numero dell'isolato e la lettera che contraddistingue la scala. Una pacchia per chi ha conti in sospeso con la giustizia e utenze da pagare, un dramma per chi ha bisogno di un medico a casa o di un'ambulanza, una maledetta complicazione se vuoi fare un contratto per le utenze online e una scocciatura se devi ricevere posta e pacchi. Ma soprattutto, una condizione di invisibilità, di collocazione in un limbo dove le stprie personali sono cancellate. Tutto questo accade da trenta e più anni, in questo difficile quartiere. Non è che non ci abbia mai pensato nessuno: «Diamo un nome alle strade del Rione Salicelle» era il titolo del progetto Pon cui lavorarono i bambini dell'istituto comprensivo Europa Unita. I quali proposero all'allora amministrazione targata Domenico Tuccillo una serie di nomi di artisti napoletani, da Tina Pica a Massimo Troisi, da Vittorio De Sica a Libero Bovio, da Renato Carosone a Roberto Murolo, senza dimenticare, passando agli eroi della legalità, Giancarlo Siani, Giovanni Falcone e don Peppe Diana. Per i viali, invece, furono indicati i nomi Europa, Unicef e Nazioni Unite. Era il 2016, e i bambini di questo quartiere che cancella l'infanzia diedero agli adulti una grande lezione di civiltà. Il progetto così presentato ebbe anche l'approvazione della Prefettura di Napoli e l'ok della Soprintendenza delle Belle Arti della Città Metropolitana, tanto che fu approntata una delibera. Rimasta a prendere polvere in qualche ufficio del Comune da sei anni. Qualche settimana fa, poi, il paradosso. Perché i consiglieri di minoranza Antonio Iazzetta, Crescenzo Russo e Marianna Salierno l'hanno tirata fuori, chiedendo al Consiglio di portare finalmente a termine il progetto. Tutti d'accordo? Macché: la mozione è stata rispedita al mittente. 

«Non ho partecipato a quei lavori delle commissioni (la Prima, che si sta occupando della riforma del regolamento della toponomastica, e la Quarta, competente per l'Urbanistica), perché impegnato nel bilancio, e quindi non posso dare una risposta in merito», dice il sindaco Antonio Pannone, che assicura il suo «interessamento affinché si faccia chiarezza su questa vicenda», senza rinunciare a rintuzzare «la passata amministrazione, che a quanto mi risulta non ha completato l'iter». «Considerando che si sta lavorando a un nuovo regolamento per la toponomastica e che l'iter per l'intitolazione di strade è ancora alle fasi iniziali - spiega dal canto suo il consigliere Iazzetta - abbiamo chiesto di cominciare a dare una risposta concreta alle Salicelle e nel frattempo che si lavori, insieme, alla toponomastica del resto della città.

La risposta è stata un muro. Invalicabile». Insomma siamo di fronte a una battaglia politica, che a una prima valutazione sembrerebbe di carattere dialettico-amministrativo, con il no scontato della maggioranza a una iniziativa della minoranza. In realtà non è così. Ma è difficile dimenticare che una proposta del 2012 (governava il centrodestra) sulla nuova toponomastica della città, Salicelle comprese, fu bocciata da Prefettura e Soprintendenza, perché tra i nuovi nomi alle strade c'era anche un viale Italo Balbo, ministro del governo fascista. Insomma, sulla pelle dei bambini, oltre che degli abitanti del Rione, si starebbe giocando uno scontro addirittura ideologico. 

 

«Un altro schiaffo a questo rione da parte di chi viene solo per accaparrarsi voti», dice Gennaro D.L., 17 anni, che da bambino partecipò a quel progetto. «All'epoca ci sentivamo degli eroi, perché avevamo la sensazione che il rione fosse un po' più nostro. Venne anche il sindaco Domenico Tuccillo a ringraziarci. Ora ho quasi 18 anni, vado a scuola, ma continuo a vivere in un Isolato senza nome, e provo vergogna quando devo dare il mio indirizzo. Sembra quello di un carcere». Gli fa eco Carmine Russo, 30 anni, laureato in Scienze Politiche, un impiego in banca, attivista nel sociale: «Grazie a questi politici, continueremo a vivere in un Isolato. Un termine che è diventato lugubre per l'epidemia, ma che è esemplificativo di come possa essere lugubre, in certe giornate di sangue, questo posto, che comunque è casa mia». 

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