Bagnoli, il super perito: «La bonifica è regolare, ecco le prove dei lavori»

Bagnoli, il super perito: «La bonifica è regolare, ecco le prove dei lavori»
di Luigi Roano
Giovedì 7 Aprile 2022, 06:00 - Ultimo agg. 8 Aprile, 09:31
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Le mosse che hanno ribaltato la tesi della Procura - cioè che a Bagnoli la bonifica non era stata fatta - portando la Corte d’Appello ad asserire che invece quel risanamento c’è stato, sono essenzialmente due. È stato dimostrato che la Bagnolifutura ha recepito gli indirizzi di un comitato di esperti - la Bagnoli spa che l’ha preceduta - su come risanare i suoli. Quindi non è stata la società del Comune poi fallita a progettare i lavori. E la dimostrazione che le indagini fatte per due volte dai periti e consulenti della Procura sostanzialmente erano fallaci. Ma c’è molto di più in questa storia infinita dell’ex fabbrica del ferro.

E il superconsulente che ha scoperchiato il pentolone degli errori è il professor Federico Vagliasindi, docente di ingegneria all’università di Catania specializzato nelle bonifiche.

A lui devono l’assoluzione con formula piena, cioè per “non avere commesso il fatto” in un processo durato ben 14 anni Mario Hubler ex direttore generale della Bagnolifutura, Gianfranco Caligiuri dirigente della società e Tino Santangelo l’ex vicesindaco, Alfonso Di Nardo (Arpac). «Ci sono stati gravi errori - spiega il docente - a iniziare da quello dove non si è tenuto conto che i criteri per fare la bonifica indicati dal comitato di esperti risalgono al 1997 e 1998 mentre in Italia la normativa, la prima su come procedere, è del 1999. La Bagnolifutura ha fatto ciò che le è stato chiesto. La Procura se la doveva prendere con loro non con Hubler, Caligiuri, Di Nardo e Santangelo». Vagliasindi entra nel dettaglio tecnico di una vicenda molto difficile.

«Bagnoli - racconta - è un sito complesso. Il primo grave errore fu che sulla base delle risultanze delle prime indagini, su maglie molto larghe, su di un sito con un secolo di attività inquinante, con un buco al centro può capitare un punto più inquinato, ma magari se ci si sposta il risultato è un altro, con un inquinamento dentro le soglie di tollerabilità. Invece, il ragionamento fatto da chi ha iniziato la caratterizzazione è stato “se faccio indagini in una maglia così larga e non lo trovo l’inquinamento allora non lo trovo più”. Questo ha cambiato gli scenari. Le indagini della Procura li è andati a trovare, gli inquinanti, con pochissimi campionamenti, si è dimenticata la storia del sito. Noi negli archivi della Bagnolifutura, ricchissimi, abbiamo trovato migliaia di campionamenti con maglie molto più strette che dimostrano esattamente come invece la bonifica sia stata fatta. Sono stati cercati gli idrocarburi dove passavano gli escavatori ed è normale che i fumi della combustione dei motori rilascino scorie, anche questo è stato un grave errore». 

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Il prof rivela altri particolari emersi dalle sue indagini. «Altro fondamentale dato è che Bagnolifutura fece la gara sulla base di un progetto esecutivo e non ho capito come mai sotto indagine non sono finiti i collaudatori, chi ha fatto la bonifica e la direzione dei lavori per la quale è stato pagato un milione di euro. C’era anche l’organismo del ministero a vigilare. Un tema che è stato colto dal Tribunale che si è affidato a un tecnico esterno per indagini supplementari. Che non ha compreso però quello che doveva fare cioè capire cosa era stato fatto. Per esempio ci sono alcune lavorazioni dove i terreni inquinati vengono lavati e una parte può essere utilizzata in situ mentre quello che resta deve andare in discariche speciali come è stato fatto. Invece, il consulente della Procura ha visto che questi test erano soddisfacenti tranne uno e ha fatto il test “sul tal quale” che si fa sui rifiuti recuperati che non era il test giusto per le verifiche». Il prof racconta pure come ha smontato la questione delle “destinazioni d’uso”.

«La normativa prevede sempre almeno una doppia destinazione, la variante è prevista dalla legge». Al netto delle questioni tecniche Vagliasindi non si capacita di un fatto: «Le aree sequestrate dalla magistratura erano il 60% del sito dove è stata effettuata la bonifica. Perché Invitalia e i commissari dell’epoca non hanno invece fatto la bonifica nel restante 40%? Ecco, questa sarebbe una materia da indagare. Leggere i loro comunicati dove si diceva che non era stato fatto nulla mi dava fastidio». Il docente attinge a dati reali. «Bagnolifutura aveva rimosso all’epoca 400mila tonnellate di rifiuti come risulta da documenti ufficiali, questo vuol dire che la bonifica è stata fatta. E con essa la Porta del parco, il Parco dello sport ultimato per il 96%, il centro benessere. Ora tutto è vandalizzato, questo il danno enorme delle indagini. Al quale vanno sommati quelli della mancata vendita dei suoli e il fallimento della Bagnolifutura». 
 

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