Bonus edilizia, intervista a Luigi Della Gatta: «Cinquemila imprese fantasma a Napoli»

Bonus edilizia, intervista a Luigi Della Gatta: «Cinquemila imprese fantasma a Napoli»
di Luigi Roano
Venerdì 1 Aprile 2022, 11:00 - Ultimo agg. 15:37
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Luigi Della Gatta - presidente dell'Ance Campania - perché è preoccupato di una misura qual è il Bonus edilizio che invece dovrebbe accogliere in maniera positiva?
«I bonus per l'edilizia sono un po' come la dinamite: quando fu inventata serviva per altro scopo, ovvero per alleggerire il lavoro dei minatori nelle cave. Poi sappiamo bene l'utilizzo successivo che ne è stato fatto».

Vale a dire?
«Con i bonus 110% è stato fatto praticamente lo stesso. È stato fatto un uso completamente distorto nella norma. A livello nazionale negli ultimi due semestri si sono iscritte al registro delle Camere di Commercio circa 30mila imprese con il codice Ateco dell'edilizia. E anche in Campania la situazione è sfuggita completamente di mano: le iscrizioni sono circa 5mila nello stesso periodo. E solo per improvvisare lavori con i soldi dello Stato i sistemi antifrode funzionano poco e male».

Il suo è un j'accuse: cosa non ha funzionato?
«Vorrei ricordare che se vuoi fare avviare un'attività commerciale di parrucchiere devi avere un patentino e superare una selezione, per aprire un'impresa di costruzioni basta un euro e l'apertura della partita Iva.

Quanto ai controlli le Poste italiane dovrebbero fare di più e meglio nell'acquisizione dei crediti per lavori di ristrutturazione con i bonus».

Eppure quello dei Bonus molto ha smosso nel mondo dell'edilizia o no?
«Il sistema incentivante è potenzialmente vantaggioso per l'edilizia ma poi dipende da come si utilizza e le frodi come è ormai chiaro sono tante. Un argine alle frodi, che potenzialmente valgono 4 miliardi, lo ha posto il sistema bancario che utilizza società di consulenza specializzate. A casa nostra, in Campania, il dato di 5mila nuove imprese con codice Ateco in un territorio dove veniamo da 10 anni di crisi deve far riflettere».

Lei cosa propone per contenere quelle che potrebbero essere iscrizioni farlocche alle Camere di commercio?
«La qualificazione obbligatoria delle imprese che è necessaria per fare i lavori pubblici deve essere estesa anche ai lavori privati. Con il decreto anti frodi un piccolo effetto si è avuto. Ma se per qualificarsi come impresa edile basta un atto notarile a pagare saranno sempre le imprese che sono trasparenti e in regola che sono in difficoltà nella cessione del credito perché gli istituti bancari sono molto più restii malgrado il loro margine sia del 9-10%».

Insomma lei il bonus lo toglierebbe, lo manterrebbe o cosa?
«Servono misure strutturali antifrodi e un orizzonte temporale più lungo per verificarne l'impatto. Come è strutturato adesso già dal 2023 non varrà più il 110%, sarà molto meno consistente. E poi assieme al bonus va sfruttato al meglio il Pnrr una opportunità enorme».

Perché, ci sono criticità pure sul Pnrr?
«In Campania avremo 20 miliardi di investimenti di cui gran parte nel campo infrastrutturale. Bisogna allineare il Pnrr con le altre misure vale a dire il bonus e i fondi di sviluppo e coesione cioè quelli europei e i finanziamenti dei fondi nazionali complementari. E la Regione sta lavorando su questo. Ma potrebbe non bastare».

Sia più chiaro.
«Nelle amministrazioni pubbliche c'è una forte carenza di personale che con quota 100 e il blocco delle assunzioni è destinata a crescere e senza personale le pratiche del Pnrr andranno a rilento. A questo si aggiunga il caro prezzi dei materiali, la situazione non è semplice da gestire».

Anche su Napoli?
«Io mi occupo del dato regionale però le preoccupazioni del sindaco Gaetano Manfredi sulla mancanza di risorse umane sono chiare. In un contesto dove la Campania e Napoli rispetto alle amministrazioni del nord già normalmente hanno meno personale a disposizione, sono carenze storiche ormai».

Lei ha detto che con il Pnrr si faranno opere principalmente infrastrutturali, tuttavia la parola d'ordine del Piano è quella che invita le amministrazioni a operare la cosiddetta rigenerazione urbana. E il comparto edile dovrebbe trarne grosse opportunità non trova?
«Il tema è che con le risorse pubbliche si metterà mano alle infrastrutture. È vero però che nel Pnrr ci sono spazi per la rigenerazione urbana con capitoli di spesa specifici. Tuttavia abbiamo disegni urbanistici datati che sono un grosso ostacolo da superare. Quello di cui ci dovremmo dotare è un nuovo strumento di legge come ha fatto la Lombardia dove sulla rigenerazione urbana stanno volando».

E di cosa si tratta?
«Di una legge che riguarda solo gli ambiti dove si fa rigenerazione urbana senza andare a toccare i disegni urbanistici, dove il percorso di cambiamento è lento. Con una nuova legge sulla rigenerazione urbana si velocizzerebbero molto questi tipi di lavori. In Campania e a Napoli ci sono molte zone che si prestano molto alla rigenerazione urbana, ci sono anche investitori stranieri pronti a fare la loro parte come la stanno già facendo a Milano».

E chi sono?
«Penso a Mario Abbadessa di origini napoletane che rappresenta uno dei più importanti fondi di investimento immobiliari americani ovvero Hines. Sta portando avanti la più grande operazione di rigenerazione urbana d'Europa quella di Sesto milanese nell'area delle ex acciaierie. Per lui Napoli e la Campania hanno gli asset materiali giusti per decollare: bellezza, potenzialità di mercato, appeal turistico e alta intensità urbanistica».

E se pensa così bene delle nostre terre perché non scende in campo?
«Per l'indeterminatezza delle nostre leggi, basta pensare a Bagnoli. Per gli americani manchiamo di metodo e reputazione. E non si riferisce alle potenzialità di investimento, loro sono disposti a rischiare, ma in un quadro di certezze tecniche ed urbanistiche». 

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