Delitti, soldi e religione: chi è il boss Moccia in visita dal Papa

Delitti, soldi e religione: chi è il boss Moccia in visita dal Papa
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 20 Aprile 2022, 23:33 - Ultimo agg. 21 Aprile, 09:12
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La visita al Papa, la promozione della sua biografia, le vacanze a Tenerife assieme alla moglie. Ma anche affari, tanti affari, in un dinamismo imprenditoriale che spaziava dal settore alimentare (il food a Roma), alla trama di aziende che entravano nei grandi appalti. Tutto questo e altro ancora, nella nuova vita di Angelo Moccia (sin da piccolo chiamato Enzo), all’indomani della sua scarcerazione (dopo venti anni di reclusione, per una serie di omicidi risalenti agli anni Ottanta e Novanta). Una vita in cui, Angelo Moccia il dissociato (nel senso giuridico del termine), non ha mai perso di vista la dimensione religiosa, come per altro gran parte di soggetti che hanno alimentato la cronaca nera degli ultimi quaranta anni. Ed è proprio il suo slancio spirituale a finire agli atti dell’ultima retata firmata dalla Dda di Napoli, nel tentativo di fare chiarezza su presunte infiltrazioni camorristiche nei grandi appalti all’ombra di strade e reti ferroviarie. 

È il 23 marzo del 2017, quando Angelo Moccia e la moglie Carmela De Luca si recano in visita da papa Francesco. Si tratta di una udienza pubblica, in presenza di altre decine di persone, nella quale ovviamente il pontefice (e nessuno degli esponenti del Vaticano) non è a conoscenza del passato dei fedeli che si presentano nella sala Nervi. Ma il particolare viene comunque annotato dalla polizia giudiziaria (i militari del Gico e del Ros), come emerge da una nota compresa nelle quasi duemila pagine di ordinanza firmate dal gip Miranda: «Giovanni Esposito (presunto cassiere) e la moglie Rosa Aubry partecipavano a Roma all’udienza con papa Bergoglio, congiuntamente a Angelo Moccia e alla moglie Carmela De Luca, attraverso la mediazione di Mauro Esposito».

Una vicenda sulla quale la Procura di Napoli ha fatto chiarezza, a partire dal ruolo del mediatore, che risulta coinvolto in passato in indagini romane (sempre a proposito di contatti con i Moccia), destinata a sollevare qualche dubbio, a proposito della sicurezza che si deve alla stessa persona del Papa. In quel periodo, infatti, Angelo Moccia è un sorvegliato speciale, dopo la lunga detenzione per fatti di camorra. Inevitabile una domanda: nessuno ha controllato l’identità (e il profilo individuale) dei fedeli che si recano in visita al pontefice? Una vicenda che non a caso è emersa solo in un secondo momento, precisamente un anno dopo (il 16 maggio del 2018), quando nell’ufficio dell’imprenditore Giovanni Esposito, si commenta la fotografia dell’incontro con papa Bergoglio. Ma quello della sortita in Vaticano è solo uno degli aspetti legati alla vita di Angelo Moccia, anche alla luce del racconto giudiziario (e narrativo) che emerge sul profilo del primogenito della dynasty di Afragola. 

Da giovanissimo - siamo negli anni Ottanta - fece omicidi in nome e per conto della Nuova famiglia, la confederazione di clan in guerra con la Nco di Raffaele Cutolo, per vendicare la morte del padre, a sua volta ammazzato dalla famiglia rivale, quella dei Magliulo.

Fu all’inizio degli anni Novanta, che Angelo Moccia inizia - nel chiuso di una cella - un percorso controverso, quello della dissociazione. Una strada concepita sulla falsa riga delle br, con la decisione di confessare gli omicidi commessi, limitandosi a confessioni personali: chiamando in causa solo altri reo confessi o complici ammazzati, senza mai dare inizio a una strada collaborativa a pieno titolo. Storicamente assistito dagli avvocati Saverio Senese e Libero Mancuso (che hanno curato anche la biografia Una mala vita, Pironti editore), Moccia ha scontato 24 anni di carcere, tornando in libertà nel 2016. Un caso mai del tutto risolto, dal momento che gli stessi inquirenti napoletani hanno sempre sottolineato il carattere strumentale della sua dissociazione, finalizzata - secondo quanto emerge dalla stessa misura firmata ieri dal gip Miranda - solo ad ottenere sconti di pena e benefici forfettari rispetto ai delitti confessati.

Quella che ha raggiunto ieri l’ex killer della Nuova famiglia non è l’unica tegola giudiziaria che investe il presunto capoclan nato ad Afragola. Solo negli ultimi cinque anni, ci sono state indagini concentriche su altri esponenti di vertice della famiglia afragolese in trasferta a Roma. Si va dai ristoranti, alle partecipazioni societarie per occultare capitali illeciti e riciclare soldi sporchi. Un anno e mezzo fa, l’inchiesta sulla gestione del petrolio, che vede tuttora coinvolti imprenditori legati ai fratelli Moccia. Ieri, la storia degli appalti per le grandi opere, con accordi indicibili che attraversano regioni diverse, senza escludere un passaggio salvifico (sotto il profilo spirituale) nella splendida volta della sala vaticana. 

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