Camorra, boss Imperiale: «Io, re dei Van Gogh tra covi dei latitanti e ville a Saint Tropez»

Per la prima volta in aula, l'ex narcos è teste in un processo per omicidio

Il ritrovamento dei Van Gogh
Il ritrovamento dei Van Gogh
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Giovedì 26 Ottobre 2023, 23:46 - Ultimo agg. 28 Ottobre, 07:05
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Scandisce bene le parole, sapendo che quella di ieri mattina era una sorta di debutto. Si presenta ai giudici e agli avvocati, declina le proprie generalità, intervenendo in un processo per omicidio, lui che - tra le tante confessioni - ha sempre preso le distanze da fatti di sangue. Eccolo Raffaele Imperiale, l’ex re dei narcos, per anni fornitore numero uno di cocaina alla camorra uscita vincente dalle faide a nord di Napoli, ma anche in buon affari con alcune cosche di ‘ndrangheta. Aula 117, sono le undici del mattino, processo a Raffaele Teatro, presunto responsabile dell’omicidio di Francesco Feldi, consumato nel 2011 a Secondigliano. Dal monitor spunta la voce di Raffaele Imperiale, un manager del narcotraffico passato a collaborare con lo Stato «il 5 ottobre del 2022», come si affretta a precisare. Difeso dall’avvocato Frizzi, Imperiale risponde alle domande dei difensori dell’imputato, gli avvocati Claudio Davino e Luigi Senese, ma anche del pm Giuliano Caputo, titolare delle principali inchieste della camorra a nord di Napoli. Non un personaggio di secondo piano, a giudicare dalle richieste di interrogatorio che sono arrivate a Napoli dagli uffici di polizia giudiziaria di mezzo mondo. Siamo nel 2016, quando il nome di Imperiale si impone al centro delle cronache grazie al blitz della Finanza, che riesce a recuperare i due quadri di Van Gogh trafugati dal Museo nazionale di Amsterdam nel lontano 2002. Per anni, Imperiale aveva custodito le due opere che aveva acquistato dal ladro che aveva profanato il Van Gogh Museum. 

Ma torniamo al racconto messo a verbale ieri, dinanzi alla prima Corte di Assise (presidente Annunziata, a latere Sassone): in poche battute, ha ricordato il suo ruolo di custode dei latitanti legati agli Amato Pagano, tra lunghe vacanze a Malaga e Marbella, il rientro ad Amsterdam (centrale operativa del broker della camorra), un’intera estate in una villa di Saint Tropez, nel bel mondo della Costa azzurra, per poi fare alcune visite sotto traccia a Napoli. O meglio, nei covi di Mugnano o dei Camaldoli, dove si rifugiavano quelli che avevano sconfitto i Di Lauro, nella cosiddetta faida di Scampia. Un mondo vissuto per anni da invisibile, quello raccontato da Imperiale, almeno fino a quando, grazie a una intercettazione della Dea, spunta la figura del broker napoletano. Ricordate l’intercettazione chiave? «I quadri ce li hanno i napoletani», dice un narcos sudamericano, accendendo i riflettori su quei due capolavori che erano stati trafugati ad Amsterdam nel 2002. E torniamo all’omicidio Feldi e ai rapporti tra Imperiale ei boss scissionisti: «Conosco Raffaele Amato dal 2006, lo incontrai a Madrid, ai tempi della sua scarcerazione. Ho incontrato Raffaele Teatro (imputato per l’omicidio Feldi), quando erano latitanti Elio Amato e Cesare Pagano. Quando mi recavo nei loro covi, sempre per questioni legate al narcotraffico, incontravo anche Raffaele Teatro. C’era anche lui, quando - assieme a Raffaele Amato - ci spostammo da Madrid a Malaga e a Marbella».

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Anni scanditi da blitz, omicidi, tregue, improvvisi capovolgimenti di equilibri: «Ricordo quando ci fu il blitz C3 (dal nome delle piazze di spaccio in una delle Vele di Scampia), Cesare Pagano si decise a rientrare a Napoli, perché era necessario riprendere il controllo del clan. Ma ci fermammo per un mese a Saint Tropez, in piena estate». Mete esotiche, posti lussosi, la dolce vita dei boss non fece tappa solo in Costa Azzurra. Anche le isole spagnole diventarono mete privilegiate nella trama di relazioni che hanno visto protagonista Imperiale. Poi, Napoli. «C’erano covi a Mugnano e ai Camaldoli, dove ho avuto modo di incontrare Carmine Pagano almeno una volta al mese». In quell’occasione - ha aggiunto - ho fatto importanti consegne di droga e di armi». Non manca un retroscena legato alla volontà di Cesare Pagano di ammazzare Mariano Riccio, giovane emergente del gruppo scissionista, diventato protagonista di stese e agguati alle porte di Napoli. «Cesare Pagano mi disse che voleva uccidere Mariano Riccio, gli feci capire che non c’entravo con vicende interne alla sua famiglia». Una ricostruzione che nulla ha aggiunto a proposito del ruolo che avrebbe svolto l’imputato nell’omicidio Feldi, ma che ha consentito di confermare la centralità delle rotte napoletane nel traffico di droga, tra scenari di guerra (la faida di Scampia), covi e soggiorni dorati nei posti più esclusivi del Mediterraneo. 
 

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