Edilizia e droga: un pentito
​svela i segreti del clan

Edilizia e droga: un pentito svela i segreti del clan
di Ferdinando Bocchetti
Sabato 9 Ottobre 2021, 11:14
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È durata quasi quattro ore la deposizione del collaboratore di giustizia Roberto Perrone, per anni braccio destro del super boss Giuseppe Polverino. Perrone, incalzato dalle domande del pubblico ministero Giuseppe Visone, in forza alla Dda di Napoli, ha riferito in merito alla posizione di Michele Marchesano e Vincenzo Polverino, rispettivamente cognato e figlio del numero uno della cosca egemone a Marano e Quarto. Marchesano e Vincenzo Polverino sono rinviati a giudizio in un processo che si celebra (rito ordinario) a Napoli nord. Secondo l'accusa, i due - con altri imputati - avrebbero avuto un ruolo nell'organizzazione che per anni ha gestito il traffico di hashish e il settore edilizio. Perrone, riferendo su Vincenzo Polverino, ha dichiarato di «non essere a conoscenza del coinvolgimento del ragazzo nelle operazioni del clan. Almeno fino al 2010-2011, periodo in cui fui arrestato - ha spiegato il collaboratore di giustizia - era fuori da ogni situazione o aspetto di natura criminale». Vincenzo Polverino, noto commerciante di carni e a lungo gestore di locali nel centro di Marano (tutti chiusi per intervenuta interdittiva antimafia), è imputato a piede libero. Diversa, invece, è la posizione di Michele Marchesano, cognato del capoclan.

«Era organico all'organizzazione - ha dichiarato Perrone - Marchesano gestiva, infatti, parte del patrimonio di Giuseppe Polverino. In un'occasione ricordo che Polverino si scagliò violentemente contro Marchesano poiché riteneva di essere stato raggirato in relazione ad alcuni affari immobiliari». Il pentito ha precisato anche il luogo e il periodo in cui sarebbero avvenuti i fatti: «Tutto accadde durante il periodo della latitanza di Giuseppe Polverino, quando il boss si nascondeva in via Cupa Orlando, una zona impervia al confine tra i comuni di Marano e Quarto. In quell'occasione, ricordo che io e altri affiliati fummo costretti a placare l'ira di Polverino, che ebbe da ridire sul comportamento poco trasparente assunto dal cognato. Gli rinfacciò anche di avergli dato un'ingente quantità di denaro per consentirgli di avviare le proprie attività imprenditoriali».

Una deposizione fiume, quella di Perrone, che ha concluso l'interrogatorio rispolverando un altro episodio: «Conosco molto bene Marchesano e lui conosce me.

Quando ero detenuto, diversi anni fa, avemmo anche l'opportunità di interloquire in carcere. Lui era venuto a trovare un altro affiliato, tal Ruggiero, ma avemmo la possibilità di parlare per diverso tempo». Il processo che si celebra a Napoli nord è il secondo step di un procedimento giudiziario già in parte archiviato con le condanne di numerosi affiliati al clan, che avevano però optato per il rito abbreviato.

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