Cartelloni stradali killer in autostrada: la Procura indaga sul ferro cinese

Cartelloni stradali killer in autostrada: la Procura indaga sul ferro cinese
Sabato 31 Dicembre 2011, 11:24 - Ultimo agg. 17 Marzo, 22:29
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NAPOLI - Pensiline, cavalcavia, portali, tabelloni, barriere antirumore. Tonnellate e tonnellate di ferro che attraversano e scavalcano le autostrade d’Italia, che incombono sugli automobilisti, che possono precipitare sull’asfalto (come è accaduto tra domenica e lunedì a Santa Maria Capua Vetere, sulla Napoli-Roma) o collassare per mancanza di sostegno.



La perizia della Procura di Monza sulla passerella realizzata a Cinisello Balsamo dalla Carpenfer Roma, la stessa ditta di Castellammare di Stabia che ha installato i portali sull’A1 e sulla Napoli-Pompei, ha evidenziato gravissime anomalie nella posa in opera della carpenteria metallica. Ha accertato, per esempio, che è stato utilizzato filo di ferro scadente; che i tondini (sempre di ferro) sono stati saldati negli stessi trangoli in cui passano i pennoni; che i tiranti (di acciaio) erano fuori squadra. La prima perizia fatta dalla Polstrada di Caserta nord sul tabellone caduto al casello di Santa Maria Capua Vetere ha evidenziato gli stessi difetti.



L’ex carabiniere che diversi mesi fa aveva denunciato la precarietà delle installazioni della Carpenfer ha anche detto: gli operai (quasi mai specializzati) hanno utilizzato saldatrici non omologate, acquistate sul mercato parallelo (quello dei falsi, per intenderci, controllato dal clan Mazzarella) e materiale ferroso non radiografato. Cioè, non certificato, proveniente dalla Cina.

Un affare nell’affare. Perché il ferro cinese, la cui vendita è legale, è in massima parte di cattiva qualità in quanto proveniente da scarti ferrosi riciclati. Costa la metà (25 centesimi al chilo al posto dei 52/55 centesimi di quello con la certificazione Ue), non può essere impiegato nelle opere pubbliche perché non ha i requisiti previsti dalla normativa europea.



È in libera vendita perché può tranquillamente essere usato in piccoli lavori di carpenteria (gli infissi, per esempio) a uso privato. Infilato in un pilastro di cemento, impiega al massimo vent’anni per corrodersi e spezzarsi a fronte dei settant’anni di quello di buona qualità.



Ma la colpa non è dei cinesi che esportano le barre di ferro semilavorato. La colpa è di quanti - spesso società di comodo, che aprono e chiudono nel giro di un paio di mesi - speculano sulla differenza di prezzo allegando alla partita di ferro una certificazione di equipollenza agli standard Ue rilasciata da laboratori compiacenti: lo stesso sistema utilizzato, per esempio, per trasformare (documentalmente) rifiuti tossici e nocivi in banale materiale inerte. Un pezzo di carta che serve a sistemare i fascicoli dei direttori dei lavori e a evitare future ed eventuali grane giudiziarie.



Al direttore dei lavori non compete, infatti, il controllo sulla veridicità sostanziale delle attestazioni rilasciate da laboratori accreditati. L’effetto più grave di questa operazione è che nessuno sa di che qualità è il ferro utilizzato per realizzare pensiline, ponti, pilastri di calcestruzzo e che l’impiego di materiale scadente e non omologato viene accertato, attraverso perizie effettuate ex post, solo in caso di disastri e sciagure. È il caso, per esempio, dei crolli all’Aquila dopo il terremoto.



Gli accertamenti commissionati dalla Procura di Monza sulla passerella di Cinisello Balsamo hanno fornito un’indicazione preziosa anche ai periti campani che dovranno accertare le responsabilità del crollo del portale del casello di Santa Maria Capua Vetere; evento che non ha provocato danni alle persone solo perché si è verificato nel giorno di Natale in assenza totale di traffico automobilistico.



Ma la stessa ditta (e con le stesse modalità esecutive, sostiene l’ex carabiniere che è stato dipendente della Carpenfer) ha installato sulle autostrade italiane 55 pensiline, 30 cavalcavia e tutti i Punti Blu. Portano la firma della stessa azienda (o della sorella Ptam) tutte le installazioni comprese tra i caselli di Santa Maria Capua Vetere e Ceprano e tutte quelle del tratto San Giorgio a Cremano-Torre Annunziata. Lavori effettuati subentrando, in subappalto, agli effettivi aggiudicatari degli appalti.

Sullo sfondo, l’ombra della camorra stabiese e del clan D’Alessandro e un giro di corruzione finalizzato all’accaparramento delle commesse più ghiotte nel settore delle grandi opere pubbliche.