Caso Consip, Woodcock ai pm:
​non sono io la talpa

Caso Consip, Woodcock ai pm: non sono io la talpa
di Leandro Del Gaudio
Sabato 8 Luglio 2017, 10:36 - Ultimo agg. 18:36
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Non era solo quando decise di iscrivere nel registro degli indagati due pezzi da novanta della scala gerarchica dei carabinieri. E non era solo quando il nome del ministro Luca Lotti finiva nello stesso fascicolo dei generali, ma anche di Alfredo Romeo e di tanti altri. Né la sua strategia investigativa era a suo esclusivo appannaggio. Anzi. A voler ricostruire in modo puntuale cosa accadde in quei giorni di fine anno - siamo tra il 21 e il 22 dicembre del 2016 -, lo spettro dei pubblici ufficiali a conoscenza della svolta nell'inchiesta Consip è abbastanza ampio. Tanto da suggerire altre piste, rispetto alla storia delle soffiate che hanno scandito l'inchiesta Consip, un fascicolo colabrodo segnato da fughe di notizia in verticale (lungo la scala gerarchia dei comandi delle forze di pg che sono state delegate a svolgere le indagini) e in orizzontale (con gli scoop della Verità prima e del Fatto quotidiano poi).

Eccola una sintesi possibile dell'interrogatorio romano di Henry John Woodcock, il pm della Dda di Napoli titolare delle indagini sulla Consip e sul giglio magico, oggi accusato di rivelazione di atti coperti da segreto istruttorio.
Sei ore, tanto è durato il faccia a faccia dinanzi ai colleghi romani, magistrati con cui ha condotto per anni indagini sul potere politico e affari sospetti all'ombra delle grandi partecipate.

Difeso dal penalista Bruno Larosa, Woodcock è stato interrogato dal procuratore romano Giuseppe Pignatone, dall'aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi, che hanno poi ereditato l'inchiesta nata a Napoli nel gennaio del 2016.

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