Christian de Sica ricorda suo padre Vittorio e il figlio gira un film a Napoli

Christian de Sica ricorda suo padre Vittorio e il figlio gira un film a Napoli
Sabato 13 Novembre 2021, 13:46 - Ultimo agg. 14:47
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«Io ho avuto la fortuna di non soffrire mai di essere un figlio d'arte. Anzi. Ma mio figlio Brando, poveraccio, non ha solo il padre. Ha anche il nonno, la nonna e pure lo zio Carlo Verdone con cui fare i conti. Lui è prepratissimo, ha studiato tanto negli Stati Uniti, ma, come si dice, è proprio messo sotto». Sorride, di quei sorrisi pieni di orgoglio, Christian De Sica, mentre al telefono ripercorre un ideale gioco di passaggi di testimone. Proprio mentre suo figlio è a Napoli su un nuovo set da regista, ricorre l'anniversario della morte di papà Vittorio (7 luglio 1901 - 13 novembre 1974), padre del grande cinema italiano, del Neorealismo e delle commedie delle maggiorate, l'uomo che inventò Sophia Loren e illuminò i primi varietà della tv in bianco e nero.

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Per la ricorrenza, proprio a lui Christian De Sica ha dedicato il palinsesto della sua Domenica con, lo spazio curato da Enrico Salvatori e Giovanni Paolo Fontana, in onda domani dalle 14 alle 24 su Rai Storia.

In tutto, dieci ore di programmazione, che - partendo dal ricordo della morte di Vittorio, a Parigi, mentre Christian registrava «Alle sette della sera», suo debutto alla conduzione -per ripercorrere alcuni momenti della sua carriera di attore, regista, uomo di spettacolo. «Mi fa sempre piacere quando posso parlare del suo lavoro - racconta Christian - Purtroppo questo è un paese che dimentica facilmente. Non solo lui, vedi anche Anna Magnani». In questa occasione ha scelto di rivedere alcuni pezzi meno conosciuti della sua lunga carriera, da «Vittorio De Sica: autoritratto», firmato nel 1964 da Giulio Macchi, all'omaggio fatto da Christian stesso nel 1977 in «Bambole non c'è una lira».

E poi il Musichiere con Mario Riva, nel 1960, le performance a «Studio Uno» con Mina, «Stasera Gina Lollobrigida», «Canzonissima» (l'ultima nel 1972 proprio insieme). Il De Sica regista, invece, è nel suo primo e unico lavoro per la tv, un documentario dedicato al 25 anni della Repubblica Italia, mentre in prima serata c'è il film drammatico «Il viaggio» del 1974, tratto da Pirandello e interpretato da Sophia Loren e Richard Burton (ma non manca anche un omaggio a un grande amico di famiglia, Cesare Zavattini con lo speciale «Cesare Zavattini: così parlò Za»).

«Cosa mi è rimasto più addosso di mio padre? La consapevolezza che questo mestiere non si improvvisa. Bisogna studiare e tanto, soprattutto per le opere popolari, comiche - prosegue De Sica - Lo diceva sempre: Ladri di biciclette si può fare con la mano sinistra, la comicità invece è una cosa seria. E poi, mi ha insegnato a non alzare mai la testa: per questo ogni giorno mi affaccio alla finestra e dico 'graziè perché sono riuscito a fare questo mestiere. Anzi, ora che ho 70 anni, arriva un'occasione dopo l'altra»: In scrittura ha quattro sceneggiature. Poi c'è la tournée teatrale di «Una serata tra amici» e due film in uscita: «Chi ha incastrato Babbo Natale» con Alessandro Siani (in sala il 16 dicembre) e «Altrimenti ci arrabbiamo», remake del film con Bud Spencer e Terence Hill ora diretto da You Nuts, in cui per la prima volta farà il cattivo (a gennaio).

«Catartico fare il cattivo? Macché. Mi fanno ridere gli attori che lo dicono», racconta. Per Siani invece veste i panni di un «Babbo Natale che viene a contatto con un imbroglione, un 're dei pacchi' napoletano, che lo trasforma in Babbo cazzimma, con tanto di capelli lunghi e giubbotto. In quei panni? Beh - ricorda - in quel caso mi torna in mente quante ne abbiamo fatte con mia moglie a Natale per i nostri figli. Non ci vestivamo da Babbo Natale ma di nascosto lasciavamo in giro per casa le orme delle renne e briciole di biscotti come se li avessero mangiati loro». Tanto si parla poi di un ritorno sul set accanto al compagno dei mitici cinepanettoni, Massimo Boldi. «Me lo chiedono tutti. E alla fine i giornali ci fanno i titoli. Mi piacerebbe ma non c'è nulla di concreto ancora. Sarebbe bello farsi dirigere da Brando - si illumina - Il bello dei i giovani oggi è che non hanno sovrastrutture. Noi eravamo più compressi e pieni di complessi. Da una parte meglio, eravamo più pronti alla vita. Loro lo sono meno, ma hanno quel candore…».

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