Covid a Napoli, chiude il Ciottolo: «Riaprirò solo se mi faranno sopravvivere»

Covid a Napoli, chiude il Ciottolo: «Riaprirò solo se mi faranno sopravvivere»
di Paolo Barbuto
Mercoledì 28 Ottobre 2020, 12:00
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Lunedì sera ha chiuso il suo locale sapendo che non avrebbe riaperto il giorno seguente né per quelli a venire; Gino Bergamé è il deus ex machina del Ciottolo un locale simbolo della notte napoletana, aperto senza soluzione di continuità fino all'alba, frequentatissimo anche negli orari più improbabili perché «a Napoli la notte c'è un mondo che non si ferma e quel mondo passa sempre qui da noi per una pizza, un kebab, un cornetto prima dell'alba». Apertura alle 18, chiusura quando il sole è già alto: titolare e dipendenti generalmente a dormire mentre la città ricomincia la vita frenetica perché ci sarà una lunga notte successiva da affrontare.

Durante il lockdown Bergamé non s'è perso d'animo e ha messo in moto un gruppo di una decina di amici che andava a fare la spesa e la portava nelle case delle persone in difficoltà; alla riapertura ha richiamato per intero la sua squadra, 27 persone, e ha ricominciato a dare stipendi e a macinare lavoro.

Adesso, però, non è più possibile per il Ciottolo andare avanti. 

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Bergamé, perché si è arreso?
«Non mi sono arreso, sono stato costretto a farlo. Anche dopo le ultime restrizioni sono riuscito ad andare avanti grazie al delivery. Adesso anche quello è bloccato nelle ore notturne, non potevo più resistere».

Lei vuol dire che di notte, alle 3 o alle 4 c'è chi chiama il Ciottolo per avere cibo a casa?
«Si vede che lei non conosce la Napoli della notte - ride amaro - ci sono state decine e decine di persone che per l'intera notte hanno chiesto di avere a domicilio cibo rustico o dolce, fino alle prime luci dell'alba».

Non ha pensato di modificare i suoi orari, di aprire durante il giorno e rinunciare alla notte?
«L'altra sera mi sono lungamente confrontato con tutti i dipendenti su questo punto. Abbiamo convenuto che sarebbe stato inutile: durante il giorno la nostra clientela non c'è, non esiste. Conquistare nuovi clienti di questi tempi, con la paura che c'è in giro, sarebbe stata una pazzìa. Adesso tutti e 27 sono in cassa integrazione, per me è un dolore immenso».

Meglio chiudere, dunque.
«A Malincuore e con l'idea precisa di lanciare un messaggio, un appello».

Che messaggio?
«Nel rispetto di tutte le norme e dicendo a voce alta che il Covid è una brutta bestia che va sconfitta, mi permetto di lanciare un appello affinché si pensi di rivedere le regole sul delivery. Portando il cibo a domicilio non si contribuisce al caos per le strade ma ci sono tante strutture come la mia che in questo modo potrebbero restare a galla».

Si aspetta che il suo appello venga raccolto?
«Guardi, io non sono uno che si piange addosso. Sono certo che se c'è una possibilità di venire incontro alle esigenze mie e di tanti altri ristoratori, la Regione e il Governo lo faranno».

Chiede anche lei con forza che venga dato sostegno ai locali in ginocchio?
«Durante il primo lockdown sono riuscito a resistere. Forse potrò farcela anche stavolta, io non sono il tipo che chiede anche se condivido le proteste, quelle non violente, dei miei colleghi che vanno in piazza. Io piuttosto che denaro chiedo soluzioni immediate, urgenti».

Ma come si fa? Il virus avanza...
«Si può pretendere quel rispetto rigoroso di ogni norma che io ho rispettato nel mio locale fino ad ora. Lei lo sa che da me c'era una persona addetta solo al controllo delle mascherine? A quelli che la portavano col naso fuori o addirittura sotto al mento veniva imposto di sistemarla perbene, altrimenti non si poteva entrare».

Parla al passato. Come se il Ciottolo fosse già alle spalle.
«No, no, per carità. Se vuole parlo anche al futuro e le dico che basterà stringere i denti per un po' e poi, secondo me, le cose cambieranno in maniera drastica».

In che modo?
«Voglio sperare che il Covid venga sconfitto presto. Come tutti mi auguro che in primavera ce lo saremo lasciato alle spalle. E sono convinto che in quel momento i consumi ripartiranno con veemenza. La gente avrà voglia di tornare alla vita normale, di concedersi quel che non ha potuto avere per tutti questi mesi».

La primavera è lontana, un'eternità per un'attività commerciale.
«È solo questione di tempo. Se stringiamo i denti possiamo farcela. Io ci credo, voglio crederci».

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