Coronavirus in Campania, 1.600 assunzioni in arrivo: ma trovare i medici è difficile

Coronavirus in Campania, 1.600 assunzioni in arrivo: ma trovare i medici è difficile
di Lucilla Vazza
Martedì 10 Marzo 2020, 23:00 - Ultimo agg. 11 Marzo, 07:17
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Ora o mai più. O si rilancia oggi la sanità pubblica o il sistema non si riprenderà mai più. Lo dicono in coro tutti i sindacati medici. E il sistema rischia di collassare non tanto per l’emergenza coronavirus, ma per il terribile combinato disposto dell’epidemia con gli effetti di 15 anni di tagli con l’accetta su posti-letto e personale. Sono stati cancellati ben 70mila posti letto: ne abbiamo appena tre ogni mille abitanti contro una media europea di cinque posti-letto e da qui al 2025 andranno in pensione oltre 40mila medici. Deposte le armi delle differenze ideologiche, oggi più che mai la battaglia per la sanità si combatte insieme. 

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Viste le sciagure della Lombardia, e in attesa di provvedimenti di sistema, la Regione Campania - spiega Enrico Coscioni, consigliere per la Sanità del governatore De Luca - ha cercato di giocare d’anticipo e, grazie allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi, assumerà subito circa 1.600 professionisti - di cui 1.200 infermieri, che poi saranno incrementati fino a 1.500. 

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Dalla Regione spiegano di «essere pronti all’emergenza», infatti è partita la ricognizione struttura per struttura dei fabbisogni di personale, ma anche di attrezzature. I tecnici campani sottolineano di aver «imparato dagli errori degli altri» e di aver previsto per tempo più posti di pre-triage, con tende appositamente allestite, in cui sono stati separati gli accessi per coronavirus da quelli ordinari, così evitando quelle situazioni di promiscuità che hanno causato altrove numerosi contagi. Il virus ha avuto un effetto paradossale positivo: ha svuotato i pronto soccorso di tutti quei casi lievi, i codici bianchi e verdi, che affollavano il sistema rallentando gli interventi. 

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La Campania comunica poi che, per l’emergenza Covid-19, ha avviato un aumento del 50% dei posti letto per la rianimazione e circa il 70% dei posti di degenza: in 48 ore sono stati creati 56 posti di rianimazione e 55 di sub-intensiva e 200 di degenza malattie infettive e pneumologia. A ieri i ricoverati per coronavirus erano 38 di cui otto in rianimazione, nessuno di loro in condizioni gravi. 

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Da ieri è in vigore il decreto-legge sanità n. 14/2020, che prende atto dell’emergenza causata dall’epidemia e mette sul piatto 845 milioni per il 2020 (660 per il personale e 185 per apparecchiature per la terapia intensiva) e un meccanismo di contratti libero-professionali per cercare di recuperare 20mila “soldati” col camice da mandare sul fronte Covid-19. Un esercito di 15mila infermieri e operatori e 5mila medici da distribuire nelle Regioni, laddove serve, con contratti rinnovabili fino alla fine dell’emergenza. Sul fronte si chiamano tutti, anche i “riservisti”: personale in pensione che, per amor di patria, dopo aver faticosamente guadagnato l’uscita dal Ssn dovrebbe correre a precipitarsi in corsia con contratti a termine per far passare la buriana. Camici con i capelli grigi che esponendosi a forti rischi di contagio, visto che oltre il 12% dei malati è personale sanitario, si assume anche il rischio di contrarre le gravi complicanze del coronavirus legate all’età. 

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Sul fronte del personale, per i sindacati, il decreto è insufficiente e rischia di essere un flop: dove li trovano 5mila medici disposti a lavorare duramente per pochi mesi, ritornando poi nella sua condizione di precarietà? Non ci sarà secondo loro nessuna corsa a posti precari: perché un giovane medico, anche specializzando, dovrebbe lasciare il suo dipartimento dove ha una borsa di studio per un contratto di pochi mesi sul fronte caldo dell’epidemia? Lo stesso vale per un medico abilitato non specializzato, che può continuare a lavoricchiare da precario qua e là come ha fatto finora. Senza il miraggio del “posto fisso”- spiegano i sindacati ospedalieri - non conviene andare alla guerra. 

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Per Carlo Palermo, leader nazionale Anaao-Assomed, servono bandi rapidi inizialmente a termine da trasformare a tempo indeterminato per tutti i medici: specialisti, specializzandi al 4° e 5° anno e, anche solo abilitati, per alcuni ambiti. Anche perché sul fronte ci si ammala: oltre il 12% degli infetti sono operatori sanitari: come spiega bene Guido Quici, segretario Cimo, il secondo sindacato medici ospedalieri: “I lavoratori vanno tutelati: siamo in emergenza e tutto è consentito, ma va usato questo momento critico come opportunità. Oggi tutti lodano la sanità pubblica, ma ci vogliono provvedimenti di sistema, non pannicelli caldi” spiega Quici. 
 

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