Coronavirus a Napoli, discoteche chiuse e gestori in rivolta: «Così falliremo tutti»

Coronavirus a Napoli, discoteche chiuse e gestori in rivolta: «Così falliremo tutti»
di Valerio Esca
Martedì 18 Agosto 2020, 08:35 - Ultimo agg. 12:46
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Stop alle danze e a Napoli scoppia la rivolta dei gestori di sale da ballo e discoteche. L'ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, è entrata in vigore ieri in tutta Italia: «Sono sospese all'aperto o al chiuso - recita il provvedimento - le attività del ballo che abbiano luogo in discoteche, sale da ballo e locali assimilati destinati all'intrattenimento o che si svolgono in lidi, stabilimenti balneari, spiagge attrezzate, spiagge libere, spazi comuni delle strutture ricettive o in altri luoghi aperti al pubblico». In pratica sono cancellate tutte le serate già previste nei locali. Un passo indietro dovuto all'aumento dei contagi da Covid e alla paura che i locali, seppur all'aperto, possano essere veicolo di trasmissione del virus. Pronto il ricorso al Tar, con una battaglia legale, portata avanti dal Silb (società italiano locali da ballo), che si prospetta di gran lunga più calda del clima torrido di metà agosto.

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Enzo De Pompeis, presidente regionale della Silb (società italiana locali da ballo) e gestore del Row a via dei Mille, tuona: «Questo fermo imposto dal Governo dopo il lockdown è una tragedia. I locali hanno già subito tre mesi di chiusura. Le sale da ballo al chiuso hanno perso metà stagione, quelle all'aperto sono partite un mese e mezzo dopo e adesso devono fermarsi di nuovo. Hanno perso il 50 per cento dei giorni lavorativi, che per un'azienda vuol dire il crac». Il presidente regionale della Silb spiega come già attualmente «viste le tante restrizioni, gli incassi sono calati drasticamente. Gli ingressi erano contingentati e ovviamente anche i guadagni - rimarca De Pompeis - Con questi chiari di luna non so chi riuscirà a riaprire i battenti». Per molti gestori dopo il danno anche la beffa: «In molti - evidenzia il presidente campano Silb - hanno dovuto acquistare termoscanner, hanno dovuto sanificare tutto, più volte al giorno, e aumentare la security. È assurdo che debbano pagare i locali l'aumento dei contagi, che poi è figlio dei viaggi all'estero e non certo colpa delle discoteche. Siamo pronti come Silb a dare il via ad una battaglia legale per difendere i nostri associati».
 

 

C'è anche chi ha già pronto il piano B: il Post a Coroglio tornerà ad essere un ristorante e ha cancellato tutti gli eventi legati alla parte artistica, dj set e serate disco. «Questo vorrà dire lasciare a casa tre quarti del personale - spiega Pierluigi Scatola del Post - Basti pensare che ogni sera assumiamo 70-80 ragazzi. Adesso con il solo ristorante, senza barman e con meno sicurezza presente, ci saranno soltanto i camerieri e il personale della cucina. Noi siamo aperti ormai da due mesi e i contagi sono saliti solo adesso con i rientri dall'estero. Quindi è strano addossare la colpa alle discoteche, che non l'aumento dei contagi poco c'entrano. È vero che in discoteca si possono creare più facilmente assembramenti, ma così sarà ancora peggio. Nei locali almeno c'era un controllo, una registrazione, adesso i giovani si riverseranno tutti nelle piazze, sui muretti, in assembramenti incontrollabili».
 

Luca Iannuzzi del Nabilah aveva già proposto un concept diverso dalla classica discoteca anni '80: «Noi subiamo meno questa ordinanza del governo. La nostra proposta infatti, quella dell'american bar, del lounge bar, del cinema la sera, ci tiene al riparo da possibili chiusure. È vero però che il contraccolpo è iniquo - sostiene Iannuzzi - perché l'aumento dei contagi dipende da varie cause, non si può certo attribuire al mondo della movida e della notte.
Si chiudono le discoteche ma poi si mandano gli italiani in vacanza all'estero». 

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