Coronavirus a Napoli, il dirigente medico: «Peggio di marzo, in troppi hanno fame d'aria»

Coronavirus a Napoli, il dirigente medico: «Peggio di marzo, in troppi hanno fame d'aria»
di Ettore Mautone
Sabato 7 Novembre 2020, 10:26 - Ultimo agg. 16:34
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Siamo al Cotugno, zona pulito: Novella Carannante è un dirigente medico, ha 46 anni ed è un'infettivologa di lungo corso a dispetto dalla giovane età. In ospedale c'è entrata da specializzanda. Allieva di Franco Faella, il decano di questa branca medica in Campania. Per qualche anno è andata via a fare il medico di pronto soccorso in altri ospedali ma il 2009 segna il suo ritorno tra le corsie del Cotugno per fronteggiare l'emergenza della influenza Suina. La incontriamo quando ha appena tolto le mascherine, la bardatura, la tuta, il casco e i guanti. Reduce dal turno di notte: 12 ore di fila in pronto soccorso che lasciano il segno, soprattutto quando da mesi non si riposa. Sul viso l'espressione di chi è schiacciata dal peso della crescente massa di pazienti da assistere per molti dei quali il principale sintomo è la fame d'aria, con tutto quello che ciò comporta sul piano psicologico: «Va come durante una pandemia. Non c'è tregua: assistiamo i malati ma siamo preoccupati».

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Cosa la preoccupa in particolare?
«La situazione è di gran lunga peggiore di quella che abbiamo visto a marzo.

Allora c'era il lockdown e tutti avevano consapevolezza della gravità. Ora vediamo gli stessi casi clinici severi di allora con la differenza che li osserviamo anche nei giovani. Stanotte abbiamo dovuto intubare un quarantenne e un altro di 35 è dovuto scendere dalle degenze in sub intensiva. La mortalità è sempre maggiore nella fascia di età oltre 65 anni però i quadri severi li stiamo vedendo anche nei giovani».


È peggio di marzo?
«Nettamente peggio di marzo».


Una seconda ondata?
«L'epidemia non è mai scomparsa, abbiamo sempre ricoverato malati. Da giugno fino ad agosto pochi casi da sub intensiva e qualche ricovero a chi aveva timore di restare a casa. Poi la recrudescenza».


Quando è ripresa?
«A settembre in sordina ed esplosa dopo un mese con quadri clinici sempre più drammatici».

Che idea si è fatta di questo virus e di questa malattia?
«É un virus pandemico come gli altri virus nella storia, tipo la Spagnola. Nella mia esperienza personale il peggiore che ho incontrato per il tipo di danno che procura anche ai giovani. In questo momento non risparmia nemmeno loro e addirittura i più piccini si ammalano con sindromi infiammatorie importanti anche se meno frequenti e gravi. Ovviamente ci sono anche tanti asintomatici o poco sintomatici ma noi vediamo quelli gravi».


Un segnale della gravità?
«In pronto soccorso siamo pieni. A marzo avevamo 4 postazioni, oggi 12 e due sono presidiate da anestesisti h 24 per intubare subito chi arriva e sta male. Oggi tutti i letti hanno le bocchette dell'ossigeno. Chi ha fame d'aria diventa anche psicologicamente agitato».


Negli ultimi giorni va peggio o meglio?
«Da quando le Case di cura ci hanno dato la disponibilità di posti letto è migliorato un po' ma trasferiamo solo i casi meno complessi. Su 11 ieri in pronto soccorso solo 3 sono andati via, gli altri avevano tutti bisogno dell'ossigeno e di assistenza intensiva. Oggi la percezione comune è che sia una situazione meno grave perché non c'è il lockdown ma non è così».


Campania in zona gialla.
«Non so da cosa dipenda il fatto che abbiano collocato la Campania in zona gialla. Ho lasciato il pronto soccorso con 11 malati ricoverati e in urgenza e 7 erano in auto all'esterno. Il lavoro che stiamo facendo dal punto di vista medico e infermieristico è straordinario. In pronto soccorso siamo due medici a turno ma gli infermieri ci danno una grande mano e sono sempre presenti anche il sabato e la domenica. Siamo stanchissimi. Quando ci sono le file di macchina usciamo fuori a fare una ronda esterna per stabilire in una sorta di pretriage chi è più grave e dargli la precedenza».


È una malattia difficile da curare?
«In alcuni si in altri no. Non c'è una logica. Se va male è estremamente difficile stabilizzare questi pazienti. I rianimatori restano vestiti per ore. Intubare, tranquillizzare: sono condizioni particolari anche dal punto di vista psicologico».


Un consiglio a chi è a casa con la febbre?
«Contattare il medico curante: si sta facendo un abuso del cortisone che non va dato subito nella fase iniziale. Va somministrato al momento giusto in base ad alcuni parametri, così per l'eparina, utile ma col suo timing. Poi è fondamentale misurare la saturazione di ossigeno, quando la saturazione viene giù e diventa stabilmente inferiore a 94 c'è da farsi vedere in ospedale».


Qualcosa che l'ha colpita?
«Gli anziani che quando si ricoverano sono preoccupatissimi, si sentono abbandonati, temono di finire male, sono come bambini quando vanno all'asilo e la mamma li lascia soli. Hanno bisogno di essere accolti e rassicurati».


E i giovani?
«Reagiscono meglio soprattutto le donne. I maschi di abbattono subito».

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