Coronavirus, requisito carico di mascherine per la Campania: è caccia a chi le può produrre

Coronavirus, requisito carico di mascherine per la Campania: è caccia a chi le può produrre
di Ettore Mautone
Lunedì 16 Marzo 2020, 08:00 - Ultimo agg. 23 Marzo, 15:14
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Cronache dal fronte del Coronavirus: è la drammatica carenza di mascherine, registrata un po' ovunque, in tutti i servizi sanitari della Campania, il nuovo scenario della crisi nella guerra contro il micidiale e contagiosissimo microbo. La mappa degli arsenali sguarniti non risparmia i pronto soccorso e nemmeno la più agguerrita prima linea del Cotugno e del Monaldi dove si sta dando fondo alle riserve e ai prestiti dalla retrovie.

Non serve chiudere la popolazione in casa se poi il virus ha vita facile nei santuari rappresentati da corsie di Asl e ospedali. Il problema è generale - fanno sapere da Palazzo Santa Lucia - e riguarda tutta Italia, frutto amaro della attuale crisi che vede l'Europa investita dall'onda d'urto della bomba biologica. L'Unità di crisi della Protezione civile, che coordina le azioni di difesa in tutto il Paese, è alle corde a causa del blocco delle forniture in Francia e Germania dove ordini di pezzi finiti e semilavorati, attesi da lunedì scorso, sono rimasti incagliati alle frontiere.

Ieri il manager dell'azienda dei Colli Maurizio di Mauro insieme al responsabile della direzione Salute di Palazzo Santa Lucia Antonio Postiglione è corso al Cis di Nola in macchina per verificare se nei depositi dei vari fornitori vi fossero scorte da requisire e per porre opzioni e priorità sui primi arrivi. I due dirigenti hanno fatto ritorno a Napoli con alcuni scatoloni che basteranno al massimo per uno due giorni negli avamposti del Cotugno più sensibili al virus.
 

 

Intanto si ragiona su scenari alternativi. Alcune aziende del settore tessile del comprensorio a nord di Napoli si sono rese disponibili a convertire le linee produttive per rifornire la popolazione e gli ospedali. Si pensa anche a dare vita a una raccolta, come per il sangue, per chi è disposto a privarsi di pochi pezzi per rifornire gli ospedali in prima linea. E ancora si sta vagliando la possibilità di razionalizzare l'utilizzo dei servizi soggetti a maggior consumo come ad esempio il 118. I tamponi non sono una procedura urgente e quindi potrebbero essere organizzati a orari fissi presso gli studi di alcuni medici di famiglia impiegando un solo team di operatori impiegando nella giornata un solo kit di protezione individuale. Altra idea da valutare con gli esperti è sottoporre a sterilizzazione in autoclave o a raggi Uv i presidi riutilizzabili comprese le mascherine.



Già da oggi intanto le difficoltà dovranno essere affrontate per i gabinetti specialisti accreditati territoriali, laboratori di analisi, centri radiologici e ambulatori distrettuali pubblici e accreditati. Questi ultimo erogano prestazioni inderogabili per pazienti oncologici, diabetici e dializzati. Unici servizi ancora aperti insieme ai medici di famiglia e alla pediatria di base dopo lo stop imposto dalla Regione a tutte le attività ambulatoriali degli ospedali e delle Case di cura accreditate.

«Dobbiamo essere tutti sempre aperti - dice il titolare di un noto centro del Vomero - ma potremo farlo solo fino a che non termineranno le scorte di mascherine. Siamo tutti agli sgoccioli». Intanto venerdì scorso anche le attività di riabilitazione ambulatoriali hanno chiuso i battenti. Sulla scorta dell'ordinanza n. 16 del 13 marzo e fino al 3 aprile sono sospese su tutto il territorio regionale le attività assistenziali disanitarie e sociosanitarie, semiresidenziali pubbliche e private di Riabilitazione estensiva. Stop a centri diurni per anziani e per disabili non autosufficienti, pazienti psichiatrici minori e adulti nonché tutti i servizi sociali a regime diurno attivati dagli ambiti sociali. Così i servizi ambulatoriali domiciliari di riabilitazione estensiva fatte salve le prestazioni urgenti e indifferibili.
 

In attesa che arrivi la fornitura di 1 milione di mascherine in Italia assicurata dall'Ue di cui 100 mila destinate alla Campania, la buona notizia è che la Federico II dà il via al CoreNet LAB. «Una linea per effettuare tampini e analisi dedicata esclusivamente ai medici in prima linea» avverte Maria Triassi ordinario di Igiene alla Federico II che ha proposto il progetto alla Regione. È dunque ufficiale l'ok della Regione Campania affinché il policlinico collinare di Napoli effettui i tamponi per una prima diagnosi di infezione da Covid-19.
Un risultato raggiunto grazie all'impegno profuso dal Dipartimento assistenziale diretto da Francesco Beguinot e dal Dipartimento di Sanità Pubblica, Farmacoutilizzazione e Dermatologia diretto da Maria Triassi. «La struttura - spiega quest'ultima - ha tutte le carte in regola per effettuare le analisi in questione in modo efficace e tempestivo ed entra di diritto  nella CoreNet LAB Campania, ed è pertanto è autorizzata all'espletamento della diagnosi molecolare su campioni clinici respiratori di Covid-19». 

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