Covid, da Giugliano a Mantova per ricoverare il padre: «A Napoli troppe code»

Covid, da Giugliano a Mantova per ricoverare il padre: «A Napoli troppe code»
di Maria Rosaria Ferrara
Martedì 17 Novembre 2020, 23:30 - Ultimo agg. 18 Novembre, 11:04
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È giovedì 12 novembre. Il saturimetro segna 76. Quel numero e quella notizia della cura al plasma letta pochi giorni prima convincono il giovane a mettersi in auto e affrontare un vero e proprio viaggio della speranza. Settecento chilometri, 7 ore per un viaggio che non sa bene come andrà a finire ma la responsabilità e l’amore di un figlio hanno mosso Ruben Leoncino, 28 anni, a trasportare il papà Domenico, 59 anni, positivo al Covid, da Giugliano a Mantova. L’obiettivo è far ricoverare l’uomo all’ospedale «Carlo Poma» dove stanno curando i pazienti Covid con il plasma iperimmune. È quella la speranza a cui è aggrappato Ruben in quelle lunghe ore che separano la Campania dalla Lombardia. E così, senza pensarci due volte, dopo aver contattato il medico di famiglia che dava le indicazioni per un ricovero, padre e figlio decidono di partire alla volta di Mantova. Giusto il tempo di caricare la bombola d’ossigeno in auto che i due sono in viaggio. Solo alle 21 l’arrivo al nosocomio lombardo. 

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Giunti al «Carlo Poma» i sanitari subito prendono in carico l’uomo che viene ricoverato in terapia intensiva. I medici che raccolgono tutte le informazioni dal giovane non mancano però di fargli una ramanzina per il rischio che si è assunto nel trasportare in auto e non in un’ambulanza un paziente con difficoltà respiratorie. «Prima di partire ho pensato che non avevo altre soluzioni, mi sono detto “o la va o la spacca”. Queste situazioni bisogna affrontarle di petto, senza mai perdere la speranza» racconta il 28enne che dopo aver lasciato il papà in ospedale ha trascorso la notte in macchina. Il 59enne durante tutto il viaggio è rimasto cosciente. «Sapeva quello che stavo facendo ed era d’accordo». Ci sono due elementi che hanno scosso Ruben al punto da spingerlo a questa scelta. Il primo è il decesso della nonna. Ricoverata all’ospedale di Giugliano per Covid, la donna è venuta a mancare quello stesso giovedì.

Il secondo sono le immagini che in queste settimane circolano dei vari ospedali napoletani. «La settimana precedente avevo visto passando fuori il Cotugno e il Cardarelli, le file di ambulanze, persone in attesa di essere ricoverate - dice -. Mia nonna non è stata ricoverata in terapia intensiva. Ero sfiduciato, avevo paura che potesse succedere qualcosa di irreparabile. Così mi sono chiesto: è meglio lasciare mio padre morire su un lettino o provo a portarlo altrove? A quel punto non ho voluto più perdere neppure un secondo».  

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In famiglia tutti hanno contratto il Covid. Il primo è stato proprio Ruben, guarito due settimane fa, poi a seguire la sorella, la madre, la nonna e infine il padre. Giovedì il campanello d’allarme per il 59enne con la ricomparsa della febbre e quella tosse che ostacolava il respiro. I medici dell’ospedale mantovano forniscono ai familiari un bollettino ogni sera. «Ha avuto dei lievi miglioramenti» spiega il 28enne. Il giovane fa sapere che il papà «l’unica compressa che assume è quella per la pressione». Ora la speranza è che Domenico possa rispondere bene e presto alle cure. «Ho creduto molto in questa scelta che ho fatto e ne sono fiero - dice il 28enne -. Mio padre mi ha dato la vita e io ho provato a fare la stessa cosa per lui, spero di potergliela dare per la seconda volta». Intanto la curva del contagio a Giugliano continua a crescere. In meno di una settimana sono 619 i nuovi casi per un totale di attualmente positivi pari a 2530. Aumentano anche i ricoverati: da 15 passano a 40. Nessuno invece in terapia intensiva. Sono otto i decessi registrati negli ultimi sei giorni per un totale di 29 mentre 219 persone si sono negativizzate per un totale di 561 guariti.

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