Commercio sul baratro a Napoli: già fallite 15mila imprese

Commercio sul baratro a Napoli: già fallite 15mila imprese
di Gennaro Di Biase
Giovedì 10 Settembre 2020, 08:01 - Ultimo agg. 16:45
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Le ferite economiche inferte dal virus non accennano a cicatrizzarsi. Anzi. Secondo l'ultimo report di Confesercenti Campania, sono «15mila le aziende che non hanno più riaperto dopo il lockdown a Napoli». Più della metà delle imprese fallite operava nel settore abbigliamento-moda, ma le perdite si fanno sentire in ogni campo, come testimonia il crollo del fatturato dei saldi, che si assesta in città al «meno 61% rispetto al 2019, con una perdita di 160 milioni», secondo le indagini dell'associazione di categoria.

I dati di Confesercenti non lasciano molto spazio alle interpretazioni: sono «500mila le aziende di attività commerciali campane», e di queste ben «40mila non hanno riaperto». La pandemia, finora, è costata il fallimento di 15mila imprese a Napoli e provincia più altre 25mila nel resto della regione. Nello specifico, le attività scomparse fanno capo per «il 60% al settore dell'abbigliamento», per il «5% alla ristorazione», e per il «10% si tratta di bar». Il restante «25% delle chiusure» investe invece «attività ricettive, di servizi e di altre tipologie al dettaglio». Non bastano i fatturati messi insieme dopo il lockdown né i saldi estivi: Confesercenti stima che «altre 15mila imprese entro dicembre 2020 siano a grave rischio chiusura», tra cui «5mila circa a Napoli». «Soffrono maggiormente le attività nel campo della moda e dell'abbigliamento - commenta il presidente di Confesercenti Campania Vincenzo Schiavo - Eppure, anche ristoranti e bar delle periferie hanno avuto un fatturato non soddisfacente. Oltre a pochi nomi importanti, tutti soffrono senza taglio delle tasse».
 

 

I saldi estivi, insomma, messi in campo per sanare l'emorragia di incassi, non sono bastati. Per Confesercenti, in un anno la spesa media per i saldi rispetto al 2019 è scesa del «58% per la Campania e del 61% a Napoli: sono stati bruciati in 12 mesi 270 milioni di fatturato, 160 dei quali nel capoluogo». «La situazione è molto difficile - prosegue Schiavo - Chi ha riaperto ha un fatturato ridotto all'osso, sino al 60-70% in meno in assoluto, una percentuale che aumenta con riferimento ai settori abbigliamento, moda e B&B e diminuisce, ma non di molto, per il settore ristorazione e bar. Le strutture ricettive hanno avuto una percentuale di occupazione delle camere inferiore del 30% nonostante il decremento dei prezzi. La domanda è bassa, in alcune zone di Napoli, escluse quelle turistiche, è totalmente sparita. Il Covid che persiste e lo smart working sono gli altri elementi che azzerano gli incassi di chi lavorava, ad esempio, nei pressi degli uffici e in zone meno centrali. Chiediamo con forza al Governo di ridurre la pressione fiscale. Oltre che su ricerca e infrastrutture si investa anche nel sostenere le imprese e centinaia di migliaia di posti di lavoro: se non si tagliano totalmente le tasse ci sarà un'ecatombe di fallimenti». Il confronto sui saldi estivi è impietoso: in Campania, nel 2019, la spesa media per famiglie era di 270 euro, 105 pro capite, per un fatturato di 470 milioni. Nel 2020, la spesa media si è ridotta fino a 130 euro, 48 pro capite, per un totale di quasi 200 milioni. A Napoli nel 2020 la spesa media delle famiglie è scesa a 130 euro (48 pro capite): fatturati di 102 milioni di euro contro i 262 del 2019. Male anche le strutture ricettive: in un anno l'occupazione di camere è scesa del 20-30% rispetto all'80% del 2019, e nonostante il decremento di prezzo del 60-65% a luglio (spesa media a camera di 50 euro) e del 70-75% ad agosto (spesa media 55-60 euro).
 

Il crollo di incassi viene confermato anche per gli iscritti a Confcommercio. «Per i pubblici esercizi - dice Pasquale Russo, direttore di Confcommercio Napoli e Campania - Siamo al 30% in meno rispetto al 2019. Nel settore abbigliamento si arriva a meno 50%. Inoltre, sono ancora del tutto ferme le filiere legate agli eventi e di oreficeria e oggettistica». Esistono però anche settori che crescono, come l'e-commerce, o quelli dei mestieri legati alla cura della persona (estetisti, tatuatori, make up artist): «In questi campi si lavora come e più di prima - conclude Russo - Speriamo di recuperare sulle cerimonie a settembre.
L'e-commerce non solo non si è mai fermato, ma ha avuto una crescita durante il lockdown. L'acquisto online è passato dal 7% di media italiana - contro una media europea del 14% - fino al 30%. Oggi, finito da mesi il lockdown, l'e-commerce ha confermato la crescita: anche su Napoli il commercio online è arrivato a coprire il 15% del mercato delle vendite».

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