«Da Lampedusa a Napoli dopo un viaggio sul barcone: mio figlio salvato al Monaldi»

«Da Lampedusa a Napoli dopo un viaggio sul barcone: mio figlio salvato al Monaldi»
di Melina Chiapparino
Mercoledì 16 Settembre 2020, 12:00
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Il suo cuoricino malformato non gli lasciava troppe speranze di vivere ma l'Italia, e Napoli, gli hanno restituito un futuro. Lui è un piccolo ivoriano di appena 8 mesi che, insieme con i genitori, ha attraversato il Mediterraneo su un barcone per approdare a Lampedusa, in cerca di aiuto. La sua storia comincia dal coraggio di una mamma 18enne che non si è arresa di fronte alla grave patologia cardiaca del neonato e finisce con un lieto fine tra le mura dell'ospedale Monaldi. In questo caso, il miracolo altro non è che una grande e sinergica rete di uomini e istituzioni per salvare il piccolino, ora ricoverato nell'Unità complessa di Cardiochirurgia pediatrica diretta da Guido Oppido, il primario che ha guarito il cuoricino del bimbo.

«Amo l'Italia, volevo venire perché è un paese che accoglie». Mentre parla in francese, con una certa timidezza, la mamma del neonato riesce finalmente a sorridere e a raccontare il suo calvario. «Qui mio figlio poteva avere una speranza» spiega la 18enne scappata dalla Costa d'Avorio dove viveva con la famiglia. «Dopo la morte di mio padre e di mia sorella, mi aspettava il matrimonio combinato con il promesso sposo di lei per questo sono fuggita in Tunisia dove ho conosciuto mio marito» racconta la donna che da quell'amore ha avuto il suo primo e unico figlio. «In Tunisia hanno diagnosticato la grave malformazione cardiaca del piccolo che non potevamo curare» continua la giovane che viveva in una piccola stanza di un comprensorio con un solo bagno per tutti gli occupanti. «Eravamo disperati e abbiamo deciso di rischiare, viaggiando due notti su un barcone con altre 50 persone fino allo sbarco a Lampedusa» spiega emozionata la mamma ora che può tirare un sospiro di sollievo per I., che indicheremo con l'iniziale per proteggerne la privacy.
 

 

I soccorsi sono partiti da Lampedusa nel centro di prima accoglienza di Crotone e il ricovero del piccolo nell'ospedale cittadino con il successivo trasferimento al Monaldi dove l'equipe diretta da Guido Oppido, primario dell'unità Complessa di Cardiochirurgia Pediatrica, ha eseguito una delicata operazione durata 5 ore. «Il piccolo avrebbe potuto morire nel giro di giorni o, nelle migliori ipotesi, qualche mese, perché affetto da tetralogia di Fallot, chiamata morbo blu per la cianosi causata da gravi difetti intraverticolari» spiega il medico che ha eseguito «un intervento correttivo e definitivo che garantirà al piccolo una vita normale». «Sono stati eseguiti a entrambi i tamponi Covid, che hanno dato esito negativo, per consentire immediatamente alla mamma di rimanere in ospedale, li dimetteremo quando ci sarà una sistemazione adeguata alle loro necessità» spiega il primario impegnato da sempre in missioni umanitarie e volontario dell'associazione Una voce per padre Pio.

L'ospedale Monaldi che ha adottato il piccolino come fosse una mascotte a cui sono state donate tutine, giocattoli e ogni genere di conforto ha messo in campo una rete con la Croce Rossa, i servizi di assistenza sociale e le due Prefetture che stanno seguendo la mamma con bimbo ed il padre 19enne, accolto in una struttura a Napoli. «Il Monaldi è impegnato nell'assistenza rivolta a persone indigenti a cominciare dalla convenzione di medicina solidale con la Curia di Napoli - chiosa Maurizio Di Mauro direttore dell'Azienda dei Colli - siamo una struttura pubblica e dobbiamo garantire accoglienza e servizi a tutti, aprendoci ai bisogni di chi chiede aiuto».

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