Napoli, la figlia del vigilante ucciso: «Chiedo ai giudici di fare presto. Abbiamo diritto a una sentenza giusta»

Napoli, la figlia del vigilante ucciso: «Chiedo ai giudici di fare presto. Abbiamo diritto a una sentenza giusta»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 15 Luglio 2020, 10:09 - Ultimo agg. 18:03
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«Chiedo ai giudici di fare presto, di porre fine a questa attesa. Ci hanno strappato la cosa più cara che avevamo, abbiamo il diritto ad una sentenza equa, che ci consenta di andare avanti, di guardare al futuro».
Marta Della Corte, figlia del vigilante ucciso, ieri mattina ha sostenuto il suo penultimo esame di Giurisprudenza. È ad un passo dalla laurea in Legge, il sogno di una vita condiviso proprio con il padre, e da giurista in erba ha difficoltà ad accettare il provvedimento adottato ieri dalla Cassazione.

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Che ne pensa di questo stop della suprema corte?
«Dobbiamo leggere le motivazioni, anche se tutto il processo a carico degli assassini di mio padre è stato purtroppo scandito da una serie di interrogativi».
A cosa si riferisce?
«Mi domando perché chi ha ammazzato un uomo senza motivo, possa ottenere il permesso di festeggiare il compleanno con i genitori e con la fidanzata; o possa ottenere il permesso di giocare a calcio, di fare un provino. Ora assistiamo a questo nuovo intervento, cercheremo di capire, mi auguro solo che si faccia presto a fissare una nuova data e a rispondere agli imput della Cassazione. Se c'è un problema di motivazioni, mi auguro che vada colmato, anche se il problema è più ampio e riguarda la forma in cui si celebra il processo a carico dei minori».
A cosa fa riferimento?
«Come dice il mio avvocato, il penalista Marco Epifania, credo che i tempi siamo maturi per consentire a chi è vittima di una vicenda tanto di grave di prendere parte al processo, anche se a carico di minori. Personalmente mi è costato non essere presente in aula, mi è costato essere indicata come un corpo estraneo, lì dove io e la mia famiglia siano la parte più danneggiata di questa vicenda».
Cosa ha provato quando le è arrivata la comunicazione del rinvio?
«Ti senti impotente e capisci di aver fatto un passo indietro. Speravamo di chiudere questa storia, per poter finalmente guardare avanti. Fino a quando non ci sarà una sentenza definitiva, siamo in un limbo, sospesi tra il sacrificio di mio padre e il futuro».
 


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Ieri, ha postato su facebook un ricordo legato alla dieta che suo padre aveva iniziato poco prima di essere ammazzato. A cosa faceva riferimento?
«Sì, è vero, ho parlato delle patatine fritte. Ed è un ricordo che devo al commissario di polizia Bruno Mandato, a cui va il ringraziamento per il modo in cui ha affrontato questa vicenda. Quando venne a porci le condoglianze, ci disse che aveva scavato nella vita di mio padre per trovare un appiglio, anche minimo, in grado di inquadrare l'aggressione subita. Non aveva trovato niente, non c'era un motivo sensato. Anzi. Fu allora che ci disse che una delle ultime cose che mio padre aveva fatto prima di essere ucciso fu di entrare in un bar per acquistare una busta di patatine fritte».
Cosa le ha fatto ricordare questa circostanza?
«Pochi giorni prima l'avevo rimproverato con affetto, perché stava facendo una dieta e gli dissi che doveva essere più costante. Invece, come un bambino, andò a comprare le patatine, tanto che mi sono sempre chiesta se ha pensato al mio rimbrotto quando le mangiava e a cosa mi avrebbe detto una volta tornato a casa».
 

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