Drone con droga e cellulari in cella a Viterbo: «Pilotato dalla camorra»

Drone con droga e cellulari in cella a Viterbo: «Pilotato dalla camorra»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 10 Agosto 2022, 00:00 - Ultimo agg. 18:45
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Li tenevano d’occhio da tempo, poi sono intervenuti un attimo dopo la consumazione del reato. E hanno trovato la conferma che la pista era buona: hanno sequestrato all’interno di una cella del carcere di Viterbo droga e cellulari. Ma non si tratta di un sequestro ordinario, roba di poco conto che - purtroppo - avviene all’ordine del giorno nelle carceri italiane. No, si tratta di uno sbocco investigativo di una inchiesta che parte da lontano e che riguarda l’ultima frontiera tecnologica del crimine organizzato: l’uso dei droni, come strumento per veicolare soldi, droga, cellulari e addirittura armi, come avvenuto alcuni mesi fa a Cassino, sempre per mano della criminalità organizzata napoletana. 

Ma torniamo a Viterbo, torniamo al sequestro fatto qualche giorno fa.

Sotto i riflettori è finito un detenuto, si chiama Nicola Russo ed è ritenuto vicino ai casalesi, come presunto destinatario della merce. Droga e sim card sarebbero arrivati in volo, pilotati da chi ha imparato a lucrare sull’ultima frontiera della tecnologia e della infomatica. Droni al servizio della camorra, ma anche di altre organizzazioni criminali, dal momento che esistono accordi che uniscono più detenuti, provenienti da territori e sfere di appartenenza differenti. Ma torniamo alla storia del drone. 

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Inchiesta condotta dalla Dda di Napoli, guidata dalla procuratrice facente funzione Rosa Volpe, al di là della notizia dell’arresto, poi convalidato dinanzi al gip del Tribunale di Viterbo, emergono particolari legati al lavoro tecnico che ha consentito di usare un drone e di veicolarlo fino a una finestra di una cella di Mammagialla: chi sono gli esperti di volo? Quale tipo di competenza si nasconde dietro la gestione di un drone? Chi c’è dietro un’operazione del genere?

Materiale decisamente top secret, ma è chiaro pensare che dietro simili missioni ci siano figure specializzate, probabilmente esterne rispetto al circuito malavitoso: probabilmente, il gruppetto si è servito di un fotografo napoletano in possesso di un brevetto ad hoc e di un esperto di rotte. Due o tre professionisti al servizio di un gruppetto interessato a introdurre stupefacenti e telefonini cellulari nel circuito carcerario, tanto da programmare con competenza mulitare la traiettoria del veicolo. Ma restiamo ai particolari del volo per Viterbo. Si tratterebbe di un drone acquistato ex novo, per evitare la riconducibilità dell’attrezzo al fotografo. Il viaggio sarebbe stato organizzato a Napoli, anche se non è chiaro da dove materialmente è partito, con una coda finale a sorpresa. Già, perché - secondo quanto si apprende dal Corriere di Viterbo - nella parte finale del volo è stato decisivo l’apporto dello stesso Nicola Russo, che avrebbe usato un proprio cellulare (munito di gps) dalla cella nella quale era ristretto, per l’indicazione del punto esatto in cui far planare l’aeromobile. Una versione in gran parte respinta da parte del diretto interessato, comparso qualche giorno fa dinanzi al gip Francesco Rigato: difeso dal penalista Luigi Mancini, il detenuto deve rispondere di detenzione di sostanze stupefacenti, in uno scenario destinato ad ampliarsi nel corso delle indagini condotte a Napoli. Riflettori puntati sulle figure chiave di questa vicenda, a partire dai “tecnici di volo”. 


Chi è il fotografo che ha veicolato il drone? Chi è l’esperto delle rotte? E, cosa non secondaria, qual è il mercato che gira attorno a questo tipo di competenze? Fatto sta che non è il primo caso in cui è possibile abbinare la storia dei droni in carcere con soggetti legati alla criminalità organizzata campana. Pochi mesi fa, un soggetto legato agli scissionisti di Secondigliano avrebbe usato un’arma atterrata nel carcere di Cassino proprio attraverso un drone governato da remoto. Ferì gravemente un altro detenuto, per vendicarsi di un’aggressione subita pochi giorni prima, impugnando un’arma piovuta letteralmente dal cielo. Un buon motivo che ha spinto la Procura di Napoli ad aprire una indagine di sistema (probabilmente in sintonia con altri uffici inquirenti italiani), con un obiettivo dichiarato: dare un nome a tecnici e ingegneri di volo al servizio della camorra, in giro per l’Italia.

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