Edifici abbandonati a Napoli, la Procura accelera: «Salvare Villa Ebe»

Tre monumenti in balìa del degrado: «Il sequestro non basta, ora il restyling»

Edifici abbandonati la Procura accelera: «Salvare Villa Ebe»
Edifici abbandonati la Procura accelera: «Salvare Villa Ebe»
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Domenica 25 Febbraio 2024, 23:06 - Ultimo agg. 27 Febbraio, 07:34
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È stato ascoltato pochi giorni fa dalla polizia giudiziaria e la sua testimonianza la dice tutta sulla difficoltà di recuperare un gioiello come Villa Ebe a Pizzofalcone. Lui, il funzionario titolare dei lavori per conto di Napoli servizi, ha fatto riferimento a lavori iniziati, ma anche interrotti, a causa di una serie di criticità: tra queste l’impossibilità di accedere ad alcuni locali del gioiellino che svetta a Pizzofalcone, perché i varchi risultano ostruiti (probabilmente da detriti accumulati, degrado e abusi); oppure perché appartengono ad alcuni privati (evidentemente poco collaborativi).

Sì, d’accordo - ha spiegato il manager - la messa in sicurezza di alcuni locali interni alla villa concepita da Lamont Young è stata ultimata.

Ma si tratta di interventi che servono a poco se il resto della struttura resta in balìa dell’incuria, al punto tale che si rischia di vanificare la disponibilità dei fondi pubblici. Già, i finanziamenti pubblici: esiste una informativa di pg, nell’ambito dell’inchiesta sulle condizioni di degrado della villa dell’architetto vissuto a Napoli, in cui si fa esplicito riferimento al bando internazionale «fondo C40», emesso nel 2022 e che rischia - come ogni gara internazionale - di perdere i propri finanziamenti. Ma la storia di Villa Ebe è solo uno dei capitoli legati alle condizioni di degrado in cui versano alcuni siti architettonici o edifici monumentali a Napoli. 

Uno scenario che ha spinto di recente la Procura di Napoli a firmare un protocollo di intesa con Comune e Sovrintendenza, in un impegno che vede in prima linea lo stesso prefetto di Napoli Michele di Bari. In sintesi, c’è un countdown su alcune sintesi: bisogna intervenire, fare presto, evitare rimpalli di responsabilità e inerzie amministrative. Sono tre i monumenti che destano una particolare apprensione: c’è il caso di Villa Ebe, su cui la Procura ha acceso i riflettori grazie a una indagine del pm Ludovica Giugni, culminata in un sequestro preventivo notificato il sette maggio del 2021; ma anche le condizioni in cui versano i complessi monumentali di San Biagio ai Taffettanari e Sant’Arcangelo a Baiano, sistematicamente in balìa di occupazioni abusive (come per altro segnalato da diverse inchieste giornalistiche). Si tratta di strutture in cima alle priorità della Procura, alla luce del lavoro svolto in questi anni dal pool guidato dal procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli, in campo per evitare il deterioramento del nostro patrimonio artistico e monumentale. Un lavoro che ha consentito di mettere in sicurezza e di rilanciare, solo per fare qualche esempio, l’antica stazione ferroviaria Bayard. Ricordate il caso? Prima le indagini dell’aggiunto Vincenzo Piscitelli, poi il sequestro e la definizione di una strada efficace per il restauro della prima stazione ferroviaria in Europa. Un intervento che va inserito nello schema di interventi definito dal protocollo firmato dal procuratore Gratteri con lo stesso sindaco Manfredi (oltre ai vertici della Sovrintendenza e della stessa Prefettura) per garantire un rilancio rapido dei monumenti in stato di abbandono. 

E torniamo al caso di Villa Ebe. Partiamo del blitz della Procura, ormai risalente a tre anni fa. Di fronte alle condizioni di abbandono, il pm Giugni firma il provvedimento di sequestro. Un’azione preventiva - si legge - che dà di fatto inizio a una sorta di dialettica con le istituzioni. Serve un restyling e, in più di una occasione negli ultimi tre anni, la Procura ha anche firmato il dissequestro, per garantire interventi di manutenzione e di messa in sicurezza. Ma da allora, siamo ancora a metà dell’opera. Ed è il direttore dei lavori di Napoli servizi a ribadire il concetto.

Lo ha fatto al cospetto dell’autorità giudiziaria, provando a ricostruire il perimetro dei propri interventi: sono stati messi in sicurezza alcuni locali, ma la strada è lunga. Motivo? Alcuni varchi risultano inaccessibili, in un groviglio di criticità su cui si attendono soluzioni amministrative. Ci sono zone che incidono su beni privati, mentre in altri casi l’ammasso di detriti non garantisce l’accesso. Tutto qui? Verrebbe da chiedere. Bastano questi intoppi per non portare a termine un’opera di riqualificazione di un bene monumentale, per altro nella zona più panoramica di Napoli? Domande che spingono Procura e Comune a intervenire, alla luce del recente protocollo firmato per la salvaguardia dei beni comuni. Non un atto formale, ma uno strumento capace di rendere efficace l’azione di recupero di Villa Ebe, all’insegna delle rispettive zone di responsabilità: a chi tocca rimuovere ostacoli per la bonifica di Monte Echia? 

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