Ha riscritto il finale di «Rain man»: suo figlio autistico - a differenza del personaggio interpretato da Dustin Hoffman film da Oscar - non vuole tornare in una residenza-rifugio, dove è accudito e isolato dalla realtà, ma vive con i fratelli a due passi da via Luca Giordano ed è in grado di preparare le crepes a colazione per sé e per loro. Regista della storia vera è Elvira Sartori, 42 anni, madre infaticabile e anche talent scout: è riuscita a creare cast e set eccezionali, fino a formare una città adattabile intorno a Kekko, il suo secondogenito, 14enne autistico. Coinvolti, da protagonisti, il marito Patrizio Tafuri e gli altri due figli, Christian e Gianfranco. Al progetto contribuisce attivamente la direttrice della neuropsichiatria infantile dell’Asl, Luisa Russo, l’operatore Angelo Morsellino, e sono coinvolti genitori di ragazzi disabili e no, commercianti, panettieri, ristoratori.
«Ognuno ha un ruolo fondamentale nell’integrazione, che deve essere continua e nei luoghi di più forte difficoltà, anziché nei centri di riabilitazione, in quelli del quotidiano, in cui la terapia stessa è la vita», dice Sartori senza nascondere la fatica dietro le quinte: per ore, è rimasta sotto i portoni, perché i compagni di classe del suo ometto potessero accoglierlo senza che lei fosse presente, ma garantendo di intervenire. E, per convincerli nella sua maniera, con discrezione e delicatezza, alle altre madri Elvira ha scritto commoventi biglietti, chiedendo solo un cenno di partecipazione. «Ora sette famiglie collaborano all’iniziativa e riescono ad aiutare mio figlio a inserirsi perché insieme scoprono e comprendono un linguaggio differente, di amicizia, per comunicare e socializzare».
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Un cambiamento di prospettiva cominciato dentro casa propria, già otto anni fa, rendendo Kekko autonomo sin dal risveglio. Adesso, il ragazzino si lava da solo, prepara la colazione anche ai fratelli, fa il letto, si veste. E, nel suo abbigliamento, si vede già una traccia della «cura» personalizzata: su una t-shirt si legge è scritto «Fai un P.A.S.S. avanti...», l’invito a sostenere in prima persona questa forma di adozione civica che prevede anche specifici interventi e laboratori promossi dall’azienda sanitaria al Vomero e all’aria aperta, dalla Floridiana al bosco di Capodimonte alla Gaiola, dimostrando che insieme è possibile cambiare anche la realtà. «Attraverso i ragazzi diventa più semplice trasferire agli adulti questo messaggio. Se ognuno riuscisse a toccare il cuore di dicei, le chance di successo si moltiplicherebbero», conclude Elvira, che vuole così trasformare il «suo» film in una serie.
Elvira, mamma-regista: «Ho creato un set per mio figlio autistico»
di Maria Pirro
Lunedì 3 Agosto 2020, 07:33
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