Materazzo, l'ultimo verdetto: «Luca fuori dall'eredità»

Materazzo, l'ultimo verdetto: «Luca fuori dall'eredità»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 9 Dicembre 2020, 11:10 - Ultimo agg. 11:25
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Non ha diritto all'eredità di famiglia. È stato dichiarato «indegno» alla successione dei beni lasciati dai propri genitori, la sua posizione è da considerarsi formalmente fuori dal contenzioso che si sta per chiudere dinanzi al Tribunale civile di Napoli. Brutta notizia per Luca Materazzo, professionista napoletano condannato per l'omicidio del fratello, l'ingegnere Vittorio, ucciso a 51 anni sotto casa. Diventata definitiva la condanna all'ergastolo, il professionista napoletano è stato ritenuto «indegno» di partecipare alla successione del patrimonio familiare. Una decisione assunta di recente dalla Corte di assise di Napoli, al termine di un incidente di esecuzione avanzato da due delle tre sorelle Materazzo che si erano costituite parte civile nel corso del dibattimento che si concluse con la condanna dell'imputato. Ed è un provvedimento che corregge il precedente verdetto di condanna destinato ad avere un peso, per quanto riguarda la divisione dei beni tra eredi. Come è ormai noto, con un telegramma spedito dal carcere di Poggioreale, Luca Materazzo ha informato i giudici circa la sua volontà di rinunciare ai motivi di appello, di non voler sostenere un secondo grado di giudizio.

 

Chiusa la partita nel merito (salvo clamorosi colpi di scena), restava aperta per Luca Materazzo la questione della successione ereditaria, in un procedimento che si sta celebrando dinanzi al Tribunale civile.

Una partita dalla quale ora Luca Materazzo è stato formalmente estromesso. Ma cosa è accaduto in questi mesi? C'è stata un'iniziativa intrapresa da Roberta e Maria Vittoria Materazzo (entrambe assistite dal penalista Gennaro Pecoraro), che hanno chiesto ai giudici che avevano condannato all'ergastolo l'imputato di fare chiarezza sulla pena accessoria della indegnità a succedere. E lo scorso autunno, la prima assise (presieduta dal giudice Annunziata), ha apportato una correzione rispetto al verdetto pronunciato il sette maggio del 2019, chiarendo la questione sollevata da due sorelle dell'imputato: «Letti gli articoli 537 cpp e 463 cc, dichiara l'indegnità di Luca Materazzo a succedere a Lucio Materazzo e a Wanda Kivel Mazuy (entrambi deceduti) e a Maria Napolitano (nonna paterna di Luca, anch'essa deceduta)». 

Poche righe che sono state spedite dinanzi al giudice civile che, a stretto giro, dovrà esprimersi sulla successione dei beni di famiglia. Una vicenda che vede interessati la vedova dell'ingegnere ucciso (che ovviamente figura anche come madre dei due bambini rimasti orfani), che si è costituita parte civile nel corso del dibattimento concluso con la condanna di Luca (era assistita dai penalisti Arturo ed Errico Frojo); ma anche le quattro sorelle di Luca e Vittorio (tre delle quali parti civili nel corso del dibattimento). Detenuto dal 2017, Luca Materazzo incassa un altro verdetto negativo, dopo aver assunto una condotta processuale quanto meno contraddittoria. Ricordate cosa è accaduto durante il processo che si è concluso con la condanna all'ergastolo? Nel corso dell'istruttoria ha cambiato diversi avvocati, sempre sostenendo la tesi della propria innocenza, fino a proporsi come una vittima del sistema mediatico giudiziario. Dopo il primo grado di giudizio e in vista di una possibile apertura del processo d'appello, Luca Materazzo ha poi stupito tutti, spedendo un telegramma ai giudici nel quale sosteneva la sua volontà di rinunciare ai motivi di appello. Una posizione che ha reso definitiva la sua condanna al fine pena mai (diventata irrevocabile il 18 giugno scorso), mentre non è stata mai affrontata nel processo la questione legata alla sua capacità di stare a giudizio. In carcere conduce una vita da detenuto modello, tanto da risultare disponibile al confronto con gli altri detenuti. Chi lo ha incontrato in questi mesi (a partire dai suoi legali, i penalisti Luca Bancale e Alfonso Furgiuele) lo ha trovato sereno e motivato a partecipare al dialogo formativo messo in campo dal garante per i detenuti e da associazioni di volontariato. Uno sguardo che sembra lontano da quello descritto in aula, a proposito dell'assassino di viale Maria Cristina di Savoia, capace di sferrare 40 coltellate su un uomo inerme.

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