Malago: «Impianti, sì ai sacrifici ma solo fino alle Universiadi»

Malago: «Impianti, sì ai sacrifici ma solo fino alle Universiadi»
di Francesco De Luca
Sabato 13 Ottobre 2018, 10:22
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Dalla parte degli atleti e di Napoli. Sempre. «Dispiaciuto per i disagi di quelle squadre che nei prossimi mesi dovranno trasferirsi in altri impianti a causa dei lavori da realizzare in vista delle Universiadi 2019 ma questo è il prezzo da pagare per ottenere miglioramenti e bisogna saper soffrire per poter poi contare su strutture adeguate che reggano nel tempo. Certo, se si sbagliasse ancora sarebbe diabolico». Giovanni Malagò, il presidente del Coni, è appena rientrato dalle Olimpiadi giovanili a Buenos Aires e parla della problematica situazione degli impianti sportivi napoletani al Mattino, partendo dalla cronaca, cioè dalle squadre sfrattate dalle palestre scolastiche in seguito all’applicazione di una normativa antincendio da parte della struttura burocratica della Città Metropolitana.
Presidente Malagò, il comitato regionale della Federvolley ha bloccato le prime due giornate dei campionati minori perché sono state sospese le attività nelle palestre degli istituti scolastici: un grido di dolore molto forte e non isolato perché purtroppo a molti atleti viene negato a Napoli il diritto allo sport.
«La prima osservazione è questa: perché le palestre possono funzionare al mattino per gli studenti ma non al pomeriggio per gli atleti? È una cosa che si commenta da sola, anche se mi fa piacere che vi siano in queste ore rassicurazioni della Città Metropolitana su imminenti interventi per sistemare una questione così delicata che riguarda il rapporto per noi più importante, quello tra scuola e sport: è una relazione che ritengo da anni la madre di tutte le nostre battaglie».
 
In che senso?
«Noi possiamo sforzarci di lavorare per portare a casa un oro o un bronzo in più durante un’Olimpiade ma il gap da colmare rispetto alle nostre concorrenti resterà quello, c’è poco da fare. Bisognerebbe invece intervenire una volta per tutte sull’aspetto scuola-sport. Noi investiamo 10 milioni all’anno, che a seconda dei punti di vista possono essere ritenuti pochi o molti, però faccio presente che la parola “scuola” non c’è nel nostro statuto: il Coni non ha responsabilità o deleghe. Mi ha fatto piacere che pochi giorni fa il sottosegretario Giorgetti abbia sottolineato l’importanza delle attività sportive nei plessi scolastici ed è chiaro che devono esservi investimenti affinché queste strutture siano sicure e adeguate alle gare».
Qual è l’idea del presidente del Coni?
«Quella di creare palestre multidisciplinari a disposizione delle scuole e delle società del territorio: sarebbe un ottimo risultato, una formula vincente, oltre che un grande aiuto per le famiglie che non sarebbero più costrette a far compiere lunghi spostamenti ai ragazzi dai luoghi dove si studia a quelli dove si pratica lo sport. È chiaro che mi sento vicino a quei dirigenti e a quegli atleti napoletani che attraversano una fase di difficoltà: io sono consapevole del loro impegno e delle problematiche impiantistiche, con tanti di essi ho rapporti frequenti. E mi sorprendo che vi siano tanti problemi pur conoscendoli».
Perché si sorprende?
«Faccio due considerazioni che possono sembrare in contrasto tra loro ma in realtà non lo sono. Io conosco le grandi e piccole realtà italiane e mi meraviglia che tante difficoltà, a volte insostenibili, si verifichino tutte insieme a Napoli. Sembra una maledetta congiuntura tra eventi catastrofici, rimbalzi di sentenze della giustizia amministrativa, fallimenti di alcune società. Tutto accade a Napoli ed è paradossale perché in linea teorica si partiva da una base impiantistica solida, rappresentata dalle strutture costruite all’inizio degli anni Sessanta per i Giochi del Mediterraneo e per quelle ristrutturate dopo il terremoto avvenuto all’inizio degli anni Ottanta. Evidentemente c’è stato il problema di come fare fronte alla gestione ordinaria di queste case dello sport cittadino. C’è poi un altro aspetto e riguarda le Universiadi, che proprio partendo da questo contesto rappresentano un’importante opportunità».
L’inizio dei lavori per le Universiadi ha provocato lo sfratto delle squadre di pallanuoto dalla piscina Scandone e di quella di basket dal PalaBarbuto, costrette a giocare l’intera stagione 2018-2019 a Casoria e Cercola.
«Sulla città sono arrivati o stanno arrivando molti milioni di euro che saranno utilizzati per l’impiantistica sportiva, cioè per sistemare realtà fatiscenti che sono da tempo sotto gli occhi di tutti. Dunque, soffriamo se c’è da soffrire per ottenere determinati miglioramenti. È chiaro che dalla prossima estate, a conclusione delle Universiadi, servirà una manutenzione costante affinché non si ripiombi in situazioni che danneggiano il mondo sportivo napoletano: di questioni così annose non dovremo più trovarci a parlare tra cinque o dieci anni. Ma lo sviluppo passa anche per le difficoltà. È così in tutti i posti del mondo, se lo faccia dire da chi l’altro giorno ha impiegato ore per raggiungere l’aeroporto di Buenos Aires, dove stanno facendo delle grandi opere affinché non vi siano più paralisi di traffico in una città metropolitana che conta dieci milioni di abitanti. Ecco, è quel genere di sacrifici a cui bisogna sapere fare fronte».
Si sono aperti i cantieri per le Universiadi: cosa rappresenta questo evento per Napoli al di là dell’aspetto sportivo?
«Io sono reduce da un lungo soggiorno nella capitale argentina per le Olimpiadi giovanili: è un evento che ha mobilitato gli atleti di tutto il mondo e le loro famiglie, incentivando quel turismo sportivo che dovrà essere sviluppato nel prossimo luglio a Napoli e in Campania. Le Universiadi sono una grande occasione da sfruttare, come si fa per le manifestazioni al Nord e in altri Paesi europei, per fare conoscere le bellezze, la cultura, l’enogastronomia, insomma tutte le migliori risorse del luogo».
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