Mercato dei fiori, pestaggi per il pizzo: condannati i picchiatori della camorra

Mercato dei fiori, pestaggi per il pizzo: condannati i picchiatori della camorra
di Dario Sautto
Domenica 21 Giugno 2020, 12:00 - Ultimo agg. 13:18
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Chi non si piegava al pizzo imposto dal clan Cesarano all'interno del Mercato dei Fiori subiva violenti pestaggi. Con la condanna di tre picchiatori (uno è pugile semi-professionista) si chiude il processo di primo grado per gli unici tre imputati che avevano scelto il rito ordinario, tutti coinvolti nella maxi inchiesta della Dda che aveva scoperto come il clan Cesarano di Castellammare riuscisse ad imporre il racket nel mercato di Pompei tramite un'agenzia di servizi creata ad hoc dal boss Luigi Di Martino.

Il tribunale di Torre Annunziata (presidente di collegio Francesco Todisco) ha condannato per lesioni tre persone. Due anni di carcere per Francesco Mogavero, ritenuto elemento di spicco del clan Pecoraro-Renna di Battipaglia, clan alleato dei Cesarano a cui avrebbe «prestato» i picchiatori. Un anno e mezzo di reclusione per il pugile salernitano Ivan Cammarota, detto «orsetto», mentre il «palo» stabiese che indicò la vittima da pestare, il pregiudicato Vincenzo Melisse alias «taccarella», è stato condannato a un anno e nove mesi di reclusione. Se Mogavero è detenuto perché accusato di aver partecipato anche a un omicidio di camorra, su ordine dei giudici Melisse (difeso dall'avvocato Francesco Schettino) e Cammarota sono tornati liberi subito dopo la sentenza.

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Le indagini della guardia di finanza, coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta, avevano dimostrato come il clan Cesarano avesse escogitato un metodo infallibile per imporre il pizzo all'interno del Mercato dei Fiori. Il controllo della camorra era stato imposto grazie alla creazione della Engy Service, azienda adesso sotto sequestro, intestata e gestita dai cognati del boss Luigi Di Martino, nel 2014 diventato reggente del clan. L'evoluzione del racket era rappresentata proprio dall'agenzia di servizi, che imponeva il carico e scarico merci e l'intermediazione a tutte le ditte del mercato dei fiori. Chi non si serviva della Engy Service veniva, di fatto, escluso dagli affari, visto che gli investigatori hanno ricostruito come l'azienda bloccasse i trasporti dei prodotti direttamente in Olanda.
 


Una consulenza ordinata dalla Dda aveva dimostrato anche come, in pochi mesi, le aziende che rifiutarono l'intermediazione imposta dalla Engy Service subirono un netto calo dei fatturati, mentre a crescere furono le ditte che si servirono della società del boss. Chi rifiutava l'intermediazione, poi, veniva «convinto» a suon di botte. Una delle vittime, un imprenditore stabiese a sua volta inizialmente indagato, era stato pestato violentemente dai picchiatori salernitani. Ad incastrare i tre imputati ci sono anche dei video che ricostruivano gli spostamenti dell'auto di Melisse all'interno del mercato. Tutti gli altri imputati, a cominciare dal boss Luigi Di Martino, hanno affrontato già il processo con rito abbreviato. Il reggente, oggi al regime del carcere duro, è stato già condannato a dieci anni di reclusione per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Intanto, il tribunale del Riesame ha confermato l'ordinanza per i primi sei indagati legati al clan D'Alessandro, accusati della gestione delle piazze di spaccio di marijuana. Restano in carcere Antonio Longobardi, Antonino Alfano, Vincenzo Starita e Marco Cimmino (cade per lui l'aggravante mafiosa), ai domiciliari Luigi Staiano e Tommaso Naclerio. 

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