Raid in ospedale a Napoli, indaga Dda: la morte del 15enne sfruttata dal clan per creare consenso

Raid in ospedale a Napoli, indaga Dda: la morte del 15enne sfruttata dal clan per creare consenso
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 4 Marzo 2020, 23:00 - Ultimo agg. 5 Marzo, 12:15
4 Minuti di Lettura

Non si è trattato di un episodio di criminalità comune, non è stato un eccesso di rabbia cieca contro tutto e tutti, dopo aver appreso una notizia drammatica. Non è stato un atto incivile fine a se stesso, ma qualcosa di più brutale e al tempo stesso sofisticato. È stata un’azione di guerriglia voluta dalla camorra, ordinata da due boss attualmente a piede libero, che hanno cavalcato il dolore di due genitori per la perdita di un figlio (due genitori estranei ad ogni ipotesi investigativa, bene chiarirlo). Due boss che hanno aizzato la folla. È questa l’ipotesi investigativa che spinge la Procura di Napoli ad assegnare il fascicolo sulla devastazione dell’ospedale Pellegrini alla Dda di Napoli, al pool che si occupa di reati consumati dai clan cittadini. Immagini delle telecamere agli atti dell’inchiesta, il pool anticamorra indaga sul saccheggio del pronto soccorso dell’ospedale della Pignasecca.

LEGGI ANCHE Minorenne ucciso dal carabiniere a Napoli, il complice di Ugo: «L’ho visto morire, ora cambio vita»
 

 

Domenica notte, è l’una passata quando un’orda di una cinquantina di persone fa irruzione alle spalle del triage, forzando ogni forma di resistenza da parte di vigilanti e dissuasori. Storia nota, raccontata da immagini e testimonianze: estintori lanciati contro il vetro blindato di ingresso nel pronto soccorso, computer, letti, scrivanie, macchinari vandalizzati. Era solo rabbia? Non ne sono convinti gli inquirenti della Dda di Napoli, che hanno deciso di scavare nel retroscena della protesta successiva alla morte del 15enne Ugo Russo.

LEGGI ANCHE Minorenne ucciso dal carabiniere: sui muri di Santa Lucia la scritta «Ugo vive»

Un’indagine all’insegna del rispetto che si deve al dolore dei genitori e degli stretti congiunti del ragazzino (che sono estranei al saccheggio), che fa il paio con l’altro episodio della nottataccia napoletana: gli spari all’alba contro la caserma Pastrengo, la stesa contro i militari del comando provinciale. Fatti di camorra, sembra di capire. Indagine contro alcuni esponenti ritenuti vicini al clan Saltalamacchia, storicamente radicato nella zona dell’ospedale dei Pellegrini. Un potere strappato ad altri clan, quello dei Saltalamacchia, stretti tra alcune famiglie malavitose dei Quartieri spagnoli e le cosche del Cavone, che avrebbero provato a gestire il dolore, a irregimentare la protesta. 

LEGGI ANCHE Minore ucciso dal carabiniere a Napoli, il complice 17enne in comunità di recupero

Questione di consenso, di impatto sociale, di radicamento. Prima al Pellegrini, poi con gli spari contro i carabinieri. Bisognava colpire l’Arma, offendere le istituzioni, replicare allo Stato, dopo il presunto torto subìto. Due episodi che nascono dalla convinzione di aver vissuto un’ingiustizia con la morte di Ugo Russo. Estraneo a dinamiche camorriste, il 15enne aveva provato a rapinare il Rolex di un 23enne, dopo una ronda un sella allo scooter guidato da un complice 17enne. Sappiamo come è andata a finire: la vittima della tentata rapina era un carabiniere in borghese fuori dal servizio che, di fronte a una pistola puntata al viso, ha impugnato l’arma e ha ucciso il baby rapinatore. Una storiaccia che sa di già visto. Ieri pomeriggio il primo step verso l’autopsia, che si terrà entro venerdì, in modo da liberare la salma per consentire i funerali del ragazzino.

LEGGI ANCHE Minorenne ucciso a Napoli, la rapina al carabiniere per la serata in discoteca

Assistiti dal penalista Antonio Mormile, i genitori di Ugo Russo chiedono verità sulla morte del figlio, accusano il militare di aver «giustiziato» il figlio con un’azione dolosa. Sempre tramite il suo legale, fanno sapere che non vogliono fiori, ma vogliono aprire un conto corrente per veicolare doni ed elargizioni per un progetto di recupero per i ragazzi in difficoltà. Difeso dal penalista Enrico Capone, il carabiniere dovrà invece difendersi dall’accusa di omicidio volontario, in uno scenario nel quale ribadisce di aver agito in modo professionalmente corretto.
Inchiesta condotta dai pm Claudio Siragusa e Simone De Roxas, sotto il coordinamento dell’aggiunto Rosa Volpe, che attende gli esiti dell’autopsia e delle indagini balistiche. Una inchiesta condotta in modo parallelo accanto a quella che punta a chiarire la strategia dei camorristi della Pignasecca, pronti ad attaccare lo Stato, per strappare consenso ad altri gruppi criminali della zona.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA