Napoli, alloggi occupati dai clan: c'è la stretta sulle graduatorie

Pronto il nuovo regolamento regionale: «Lista decisiva a impedire nuovi abusi»

Via Egiziaca a Pizzofalcone, la strada simbolo delle occupazioni abusive
Via Egiziaca a Pizzofalcone, la strada simbolo delle occupazioni abusive
di Leandro Del Gaudio
Martedì 8 Novembre 2022, 23:42 - Ultimo agg. 9 Novembre, 18:56
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Da Pizzofalcone nessuno si è fatto avanti. Come se non avessero bisogno dell’assegnazione di una casa da parte dello Stato. Da via Egiziaca a Pizzofalcone, la strada simbolo delle occupazioni abusive a Napoli, nessuno ha chiesto di entrare nella graduatoria regionale, che punta a fare chiarezza sul patrimonio immobiliare cittadino.

Strano retroscena, in attesa che la regione formalizzi la nascita di uno strumento decisivo, a proposito di welfare e di assistenza alle categorie più deboli: una graduatoria (finalmente aggiornata e unica, sotto la gestione iniziale di Palazzo Santa Lucia), in grado di mettere in fila, secondo parametri oggettivi, le domande degli aventi diritto. Uno strumento che sta per essere ufficializzato e che investe una delle frontiere più calde, a proposito di lotta alla povertà: la possibilità di concorrere per l’assegnazione di un’abitazione compresa nel patrimonio immobiliare degli enti locali. Una novità non da poco, quella che si è registrata lo scorso 31 ottobre: nella piattaforma regionale si sono fatti avanti in 31mila. Un numero alto ma non in linea con quanto si poteva immaginare in premessa, dal momento che - stime approssimative - erano circa 60mila le domande che si attendevano qui in Regione.

Come nasce questo gap? Come mai il numero dei “concorrenti” ad un alloggio pubblico è decisamente più basso rispetto alle previsioni iniziali? C’è una spiegazione che va ricondotta ai requisiti imposti per poter concorrere a una casa: non si può aspirare a una casa, se il cittadino ha occupato con la forza precedenti alloggi; se ci sono condanne definitive per fatti gravi, come reati per fatti di camorra; se ci sono beni intestati in famiglia; se l’Isee reca redditi elevati. Una nota, quest’ultima, per la quale conviene aprire un inciso: tra le richieste giunte in piattaforma non manca chi aspira a una casa comunale, pur avendo un reddito di 200mila euro l’anno. 

Una sorta di rivoluzione, dunque. E non è un caso che ieri mattina, è stato proprio l’assessore regionale Bruno Discepolo ad incontrare il prefetto di Napoli Claudio Palomba, probabilmente per concertare strategie unitarie, per tutto ciò che ruota attorno alla gestione dell’ordine pubblico in materia di case. Ma in cosa consistono ora le prossime mosse in materia di case? La piattaforma automatizzata è solo un primo passo. Entro il 30 novembre, dovrebbe concludersi lo screening sui requisiti di chi ha inoltrato la propria domanda. Poi, la Regione conunicherà ai singoli comuni la quota di istanze che spettano ai rispettivi territori, sempre sulla scorta delle richieste fatte dai cittadini.

Una soluzione che punta ad eliminare incrostrazioni, ma anche ad abbattere criteri discrezionali di sapore politico e clientelare, quando si tratta di assegnare un bene pubblico.

Tra gli strumenti messi in campo dalla Regione, anche l’esistenza di un organismo che recepisce le istanze di revisione valuta l’esistenza di eventuali errori o segnalazioni sottolineati dai singoli cittadini. Un passo all’insegna della chiarezza, su cui conviene soffermarsi anche alla luce di alcune proiezioni. Fino a questo momento, non sono giunte richieste di un alloggio pubblico da via Egiziaca a Pizzofalcone, dove sono state segnalate almeno una quarantina di occupazioni abusive, ai danni anche di cittadini costretti ad abbandonare abitazioni nelle quali avevano trascorso la propria esistenza. È il caso della docente di novanta anni, che - almeno due anni fa - è stata costretta a rinunciare alla propria residenza, ma anche ai ricordi di una vita. 

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Una vicenda nella quale interviene il consigliere regionale Francesco Borrelli (Verdi), che da anni si batte contro abusi e soprusi consumati contro gli aventi diritto: «Che una parte significativa delle case popolari e pubbliche fossero occupate da soggetti senza alcun titolo è una cosa che a noi è evidente da tempo. Molti abusivi non solo vivono in case pubbliche illegalmente ma riescono anche a realizzare allacci abusivi a luce, gas e acqua. Ci sono molte responsabilità se siamo arrivati a questo punto. Una è politica. Da anni molti comuni non realizzano graduatorie o per incapacità o per pastoie burocratiche di dirigenti che non vogliono assumersi responsabilità, o peggio ancora per pressioni politiche da parte di consiglieri o esponenti politici che hanno creato un sistema di consenso in alcune zone con alta concentrazione di case popolari occupate per essere eletti. In cambio dei voti bloccano sistematicamente ogni attività di ripristino della legalità e giustizia sociale. Per non parlare della camorra e del controllo dei rioni grazie al sistema delle volture». 

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