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Napoli, il testimone del raid in moto da Cala la Pasta: «Ecco chi ci minacciò»

di Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 14 Settembre 2022, 23:46 - Ultimo agg. : 16 Settembre, 17:03
4 Minuti di Lettura

Non ha avuto esitazione, ha mantenuto la calma e lo ha guardato. Poi ha puntato l’indice e ha detto: «È stato lui a minacciarmi, riconoscerei il suo sguardo tra migliaia di persone, non ho dubbi, è lui l’uomo che voleva zittirci dopo che mia moglie era stata investita da quella moto». Aula 111, Tribunale di Napoli, tensione a fette. Va di scena la prima parte dell’incidente probatorio disposto dalla Procura di Napoli, per acquisire eventuali prove e testimonianze contro gli indagati per il raid avvenuto all’esterno del ristorante Cala la Pasta. 

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Ricordate cosa avvenne lo scorso 15 maggio, in via dei Tribunali? Una brutta sequenza di violenza, a danno di onesti imprenditori nel campo della ristorazione, ma anche di una comitiva di turisti argentini, tutti costretti a subire una sorta di incubo: prima vennero speronati da una moto lanciata a folle velocità tra i vicoli del centro storico; poi, quando furono aggrediti da chi intendeva impedire denunce da parte delle vittime, in un crescendo di minacce in perfetto stile camorristico. 

Ieri, toccava a vittime e testimoni italiani ricostruire quanto accaduto; ad ottobre è la volta di alcuni turisti argentini, che dovranno tornare in Italia per sottoporsi alle domande in aula, ma soprattutto per confermare le accuse a carico dei presunti aggressori. Ma torniamo all’udienza di ieri mattina. Tocca a Veronica, la donna investita dalla moto, diventata simbolo della lotta delle persone oneste contro ogni genere di sopraffazione. È ancora provata, ha difficoltà di deambulazione, ricorda il frastuono e il dolore: «Stavo servendo un tavolo, all’esterno del locale, ricordo il frastuono di una moto, poi il dolore enorme...». Poi tocca al marito, il ristoratore Raffaele del Gaudio, che ha avuto la forza di non retrocedere nella sua richiesta di giustizia, ma anche al fratello dello stesso imprenditore. Ha spiegato Raffaele del Gaudio: «Ho visto mia moglie a terra, era stata travolta, ho creduto che fosse morta, mi sono inginocchiato e ho invocato il suo nome». 

Video

Momenti di commozione, che si trasforma in tensione, quando l’imprenditore passa a ricostruire la seconda fase, quella delle minacce per impedire che venisse fatta chiarezza: «Ho visto alcuni soggetti che stavano spostando la motocicletta, quando ho protestato è intervenuto un soggetto che ha provato a intimidirmi fissandomi con lo sguardo... riconoscerei quello sguardo tra migliaia di persone...». E di chi era quello sguardo? È il momento più drammatico della mattinata, quando il teste si volta verso gli indagati detenuti all’interno della gabbia e punta l’indice contro Luigi Capuano. Immediata la replica dello stesso soggetto coinvolto, che respinge le accuse e sostiene di non aver assunto atteggiamenti minacciosi nei confronti di vittime e testimoni. Inchiesta condotta dal pm Alessandra Converso, chiara la ricostruzione fatta dalla Procura di Napoli. Alla guida della moto c’era Gennaro Vitone (difeso dalla penalista Beatrice Salegna), che finisce in ospedale per le ferite riportate nel corso della scorreria in sella alla moto. Poi c’è un secondo livello di accuse, che investe soggetti che si sarebbero messi in azione con il solo obiettivo di recuperare la moto e di mettere a tacere chi aveva subìto danni gravissimi e ingiustificati. In questo scenario sono sotto accusa elementi del calibro di Patrizio Bosti (classe 1993, difeso dagli avvocati Domenico Dello Iacono e Elisabetta Valentino); Cristian Atteo, Emanuele Aieta, Cristian Cesarano, Rosario e Luigi Capuano, Vincenzo Cardillo e Giorgio Marasco, difesi - tra gli altri - dagli avvocati Carla Maruzzelli e Valentino Di Ludovico. 

Una brutta storia, che ha contribuito a provocare un danno all’immagine della città, tanto da colpire la tenuta turistica del capoluogo cittadino. È questa la convinzione che ha spinto il Comune di Napoli a chiedere e ottenere la costituzione di parte civile nel corso di un eventuale processo che verrà chiesto per quanto avvenuto lo scorso maggio. Comune e alcune associazioni che si battono in difesa di Forcella e del centro storico in genere battono su un punto in particolare: al di là del dolore e dei danni subiti da imprenditori e visitatori, un episodio del genere ha rappresentato un gravissimo vulnus all’immagine di Napoli, come capitale del turismo e dell’accoglienza. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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