Infermiera violentata a Napoli durante il lockdown, poliziotto indagato: «Non fermò il maniaco»

Infermiera violentata a Napoli durante il lockdown, poliziotto indagato: «Non fermò il maniaco»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 11 Febbraio 2021, 23:00 - Ultimo agg. 12 Febbraio, 09:47
4 Minuti di Lettura

Non ha raccolto la denuncia di una donna vittima di violenza sessuale. L’ha respinta con una buona dose di superficialità, liquidandola come una storia di basso profilo - un litigio tra immigrati -, lasciando in libertà un violento, un maniaco: un uomo che, pochi minuti dopo, avrebbe aggredito, immobilizzato e violentato un’altra donna, una infermiera Covid, costretta a subire una serie di umiliazioni per diversi minuti. Brutta storia quella che emerge dalle indagini nei confronti di un soggetto, un senegalese privo di permesso di soggiorno, arrestato la scorsa primavera per aver consumato diversi episodi di violenza tra corso Lucci, lo stazionamento di Napolipark e la zona di piazza Garibaldi. Un maniaco seriale, condannato per aver sequestrato e violentato una infermiera di 48 anni (che aveva da poco smontato dal reparto anti Covid di un ospedale napoletano), dopo aver riservato lo stesso approccio molesto nei confronti di altre due donne (una cittadina ucraina e una donna portatrice di handicap).

Domenica pomeriggio di inizio maggio, città deserta, chiusa nella bolla del primo lockdown, poche anime nella zona della stazione centrale. Un caso diventato noto grazie alla denuncia dell’infermiera, che ha raccontato l’incubo che le è toccato vivere, dando inizio a una indagine culminata nella condanna in primo grado del suo aggressore. Oggi però c’è un retroscena, che emerge da un supplemento investigativo. È stato il pm Cristina Curatoli (coordinata dall’aggiunto Raffaello Falcone) a notificare un avviso di garanzia a carico di un poliziotto, un sovrintendente capo della polizia ferroviaria, chiamato a svolgere le prime indagini dopo l’allarme lanciato dalla cittadina ucraina. È indagato per favoreggiamento, omissioni, falso, per non aver raccolto la denuncia della donna che era stata scaraventata a terra e che aveva subìto le prime violenze.

Un non intervento che ha reso di fatto possibili altre aggressioni, come quella consumata pochi minuti più tardi nei confronti dell’infermiera Covid. Difeso dal penalista napoletano Gennaro Marano, il sovrintendente non ci sta ed è pronto a replicare alle accuse, ribadendo la correttezza della propria condotta. 

LEGGI ANCHE Infermiera violentata nel parcheggio bus a Napoli: l'aggressore aveva già abusato di due donne, ​una sordomuta

Un mese fa, in suo favore, il gip Cervo aveva respinto una richiesta di sospensione, al termine di un interrogatorio reso dallo stesso indagato, fondato su un punto in particolare: «Sono intervenuto a capo della mia squadra dopo una segnalazione radio, non ho mai sentito parlare di violenza sessuale. Sul posto ho trovato dei militari dell’Esercito, ma ho sentito parlare solo di uno spintone. Non ho condotto nessuno negli uffici di polizia, perché c’era un problema di contagi e sanificazione». Ma a leggere l’avviso di conclusione delle indagini, la Procura di Napoli ha idee differenti, anche alla luce delle testimonianze rese dai militari dell’Esercito intervenuti in primissima battuta. Sin dalle prime segnalazioni - si legge - si fa riferimento alla gravità dell’approccio consumato dal senegalese, che avrebbe afferrato la donna alle spalle, trascinandola a terra e costringendola a subire azioni di violenza.

Ora la Procura si appresta a chiedere un processo a carico del sovrintendente capo, battendo su reati diversi: l’aver agevolato il senegalese, che - in modo impunito - è tornato alla carica nei confronti della infermiera (la terza vittima in poche ore, nello stesso posto); ma ha anche tralasciato di svolgere segnalazioni nei confronti della donna ucraina, che era priva di permesso di soggiorno in Italia. Una vicenda amara, che ripropone il problema della sicurezza in una zona come quella a ridosso della stazione centrale. Eppure - si legge negli atti di indagine - la zona di corso Lucci e dello stazionamento gestito dalla Napolipark era piena di telecamere funzionanti. Sarebbe bastato consultare un monitor e verificare cosa fosse realmente accaduto prima dell’intervento. Sarebbe bastato agire diversamente - si legge negli atti - per evitare il peggiore degli incubi alla terza donna, una infermiera che aveva da poco smontato il proprio turno nel reparto anticovid. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA