Ecco i ragazzi della Paranza dei bambini: «Basta MalaNapoli, il nostro premio dedicato a Genny e Annalisa»

Ecco i ragazzi della Paranza dei bambini: «Basta MalaNapoli, il nostro premio dedicato a Genny e Annalisa»
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 28 Febbraio 2019, 10:30 - Ultimo agg. 12:01
5 Minuti di Lettura
Così diversi eppure così uguali. Fino a un anno fa nemmeno si conoscevano, poi le loro vite si sono improvvisamente intrecciate fino a far nascere amicizie e rapporti umani inediti. Le luci della ribalta si sono accese per dieci adolescenti napoletani, e adesso tra loro c'è chi sogna di diventare attore. Opera di neorealismo camorristico tratta dall'omonimo libro di Roberto Saviano, «La paranza dei bambini» è una pellicola costruita interamente sull'epopea nera della faida di Forcella che si combatté con inaudita ferocia nei vicoli dei Decumani tra la primavera del 2013 e l'autunno del 2015.

Francesco Di Napoli, 17 anni, interpreta la parte del baby boss adolescente che alla fine trascinerà all'inferno un intero gruppo di coetanei; viene dal Rione Traiano e lavora in una pasticceria. Viviana Aprea, coetanea, è la sua fidanzatina, abita ai Colli Aminei, studia e vuole laurearsi in Scienze turistiche. Ciro Pellecchia, 16enne del Rione Sanità, dà vita a «Lollypop», personaggio che tra una sventagliata di kalashnikov e un summit di camorra riesce anche a trasformarsi in personaggio comico che strappa risate a scena aperta tra una mattanza e l'altra. Francesco, Viviana, Ciro: così diversi eppure così uguali: e oggi tutti sperano che quella che li ha portati a Berlino non resti solo una meteora. In questa intervista a tre voci per la prima volta parlano senza copione della loro città e di una camorra cinica e spietata che oggi assolda anche e soprattutto giovanissimi e minorenni.
 
Qual è la parte del personaggio che hai interpretato - quella del capo della «paranza» - che ti è piaciuta di meno?
Francesco Di Napoli: «Il mio ruolo è quello di un ragazzo che si trasforma in un giovanissimo criminale senza scrupoli che, giorno dopo giorno, perde senza averne consapevolezza l'innocenza del bambino che fino a poco prima era stato. Dunque è un personaggio negativo. Eppure c'è una scena che racconta tutto il male che i nuovi baby camorristi sono capaci di fare anche nella realtà: quella in cui io mostro al mio fratellino ancora piccolo la pistola che nel film porto sempre carica addosso. Ecco, se penso che questo succede veramente in alcune famiglie di delinquenti, allora mi vengono i brividi».

Secondo voi che cosa attira oggi i ragazzi della vostra età che vogliono diventare camorristi?
Ciro Pellecchia: «La camorra per molti ragazzi di questa città resta ancora una scelta di vita. Che però poi si trasforma in una strada senza uscite. Nel quartiere dove abito, la Sanità, ma non soltanto lì, si cresce in fretta e spesso i bambini lo fanno da soli perché magari il padre è in carcere o è stato ammazzato. Chi si ritrova in questa situazione ha poche scelte, e così imbocca la strada che sembra la più breve per realizzarsi, per far soldi facili e per sentirsi soprattutto importante. Peccato però che quella sia la strada più sbagliata».

Viviana Aprea possiede non soltanto personalità, capacità espressiva e fascino. La sua bellezza diafana, ancora quasi acerba è un elemento visivo che volutamente sembra stridere con il contesto di violenza e degrado dei baby camorristi.

Viviana, come hai fatto a convivere - sola adolescente donna - per tutto il periodo in cui giravi le scene insieme con questa compagnia di diavoli-ragazzini? E qual è il ruolo di Letizia?
«È vero, sono l'unica ragazza del cast, e sulle prime la cosa quasi mi spaventava. Invece c'è voluto poco per trovare la sintonia con tutti i miei colleghi. Con me sono stati fantastici. Interpretare la fidanzata di Nicola è stata un'esperienza importante e a tratti drammatica perché l'aspetto dell'amore adolescenziale finisce inevitabilmente col sovrapporsi a una trama tragica».

Come definireste la camorra a un vostro coetaneo, magari ad un ragazzo straniero che non conosce il fenomeno della criminalità organizzata a Napoli?
Ciro e Francesco: «Per molti è una scelta di vita. Per tanti è quasi una necessità: se lo Stato non aiuta soprattutto i ragazzi e le persone che vivono in quartieri dominati dal crimine organizzato, la camorra si sente più forte. E poi serve il lavoro».

Il film racconta bene il livello di violenza metropolitana, con tutte le sue distorsioni. Secondo voi a che cosa servono le «stese», e perché a compierle sono quasi sempre giovanissimi, se non addirittura minori come voi?
Francesco: «Con questo sistema c'è chi crede di dimostrare la sua supremazia a colpi di pistola, magari tra la gente innocente... Nella testa di chi esce di casa e va a fare queste cose c'è un'esaltazione assurda».
Ciro: «Senza considerare che - com'è già successo - chi spara all'impazzata in strada rischia di colpire degli innocenti. Io vivo al Rione Sanità, e non dimentico la notte in cui venne ucciso per errore un mio amico, Genny Cesarano».

Ecco. La tragedia scritta nel corso degli anni dalla camorra racconta anche di questo: di tante vittime incolpevoli e innocenti morte senza un perché.

A questo punto sono tutti e tre i ragazzi a rispondere.

«Dobbiamo evitare che succedano altre simili tragedie. Per quel che ci riguarda, abbiamo deciso di dedicare il premio del Festival di Berlino a due giovanissimi come noi che oggi non ci sono più: Annalisa Durante e Gennaro Cesarano. Parliamo di loro come simboli di un assurdo e inutile sacrificio, ma sappiamo bene che la lista delle vittime innocenti qui a Napoli è molto lunga».

Che libro stai leggendo in questi giorni?
Viviana: «In questo periodo soprattutto i testi di scuola, c'è da studiare».
Francesco: «Vi sembrerà strano, ma io sto leggendo solo adesso La paranza dei bambini, so che è uscito anche l'ultimo, che prima o poi leggerò».
Ciro: «Ho letto Gomorra. Non so quale sarà il prossimo».

A proposito di Gomorra, che ne pensate del film e della serie?
Francesco: «A noi è piaciuto il film di Garrone. Un po' meno la serie. Quando si fanno i seguiti non sempre sono belli come le opere prime».

Siete tifosi?
Viviana: «Napoli, naturalmente. Siamo tutti tifosissimi del Napoli».

E da grandi che farete?
Sorrisi.
Ciro: «Io sogno di andar via. Voglio trasferirmi fuori. Mi basterebbe già andare a Roma o a Milano. Anche se il sogno resta Londra. Comunque via da qui».
Viviana: «Per ora proseguo negli studi. Continuo a studiare portamento e vorrei continuare a recitare. Perché no? Anche in teatro, anche se questa esperienza cinematografica è stata bella e mi piacerebbe ripeterla».
Francesco ci pensa su per qualche secondo, poi dice la sua: «Io di andar via da Napoli non ci penso proprio. Voglio rimanere qui, ed anzi voglio restare a vivere al Rione Traiano. Ecco quello che vorrei: riuscire a regalare alla mia famiglia la casa più bella di tutto il Rione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA