Parla il boss pentito D’Amico: «So chi è il killer che ferì Noemi, lo ho visto in tv»

Parla il boss pentito D’Amico: «So chi è il killer che ferì Noemi, lo ho visto in tv»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 26 Dicembre 2019, 23:00 - Ultimo agg. 27 Dicembre, 15:19
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Quando lo ha visto in tv non ha avuto esitazioni: «È lui, riconosco il suo modo di camminare, il suo modo di operare, specie in certe situazioni». Quando ha visto quel video, lì nel chiuso di una cella di isolamento, non ha avuto dubbi: «È Armando Del Re, l’ho raccontato anche a mia moglie durante un colloquio...». 
Parola di Umberto D’Amico, boss pentito, a proposito dell’agguato in piazza Nazionale in cui restò ferita la piccola Noemi. Accuse messe a verbale, depositate in vista del processo che chiama in causa Armando Del Re (indicato dalla Dda come presunto esecutore materiale) e il fratello Antonio (a sua volta accusato di aver svolto funzioni di palo). Due verbali, poche righe, che sembrano chiudere i conti con l’imputato numero uno, pronto a sua volta a difendersi dall’accusa di essere l’uomo nero, il responsabile del ferimento della piccola. Vicenda ricostruita grazie alle immagini delle telecamere che inquadrano la sagoma del killer, la moto usata, ma anche grazie al sequestro di alcuni capi di abbigliamento in casa dei fratelli Del Re, abiti ritenuti identici a quelli usati dal killer e dalla sua spalla.

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Una storia che ora si arricchisce del verbale di Umberto D’Amico, ex boss di San Giovanni a Teduccio, che ha deciso di collaborare con la giustizia pochi giorni dopo gli arresti per un altro delitto pulp, l’omicidio di Luigi Mignano (quello del bimbo che abbandona lo zainetto di spider man). Ma in cosa consistono le accuse del collaboratore di giustizia? Da mesi in località protetta, D’Amico racconta particolari inediti in merito agli equilibri criminali di un’ampia zona cittadina, dalle Case nuove a San Giovanni a Teduccio, mostrando di conoscere bene Armando Del Re, dopo averne studiato per giorni i movimenti: «Nel 2017 mi misi in testa che dovevo uccidere Armando Del Re, che era il braccio destro di Antonio Marigliano, alias ‘o silano, uno che vendeva droga a prezzi competitivi. Quando uscii dal carcere, volevo l’esclusiva da Marigliano e gli andammo a sparare colpi di pistola in una piazza gestita da alcune ragazze, sempre per conto dei Marigliano. Poi passai un giorno intero nella zona delle Case nuove, assieme al mio complice Salvatore Fido, per uccidere Armando Del Re, in quel periodo rimasi fermo per un giorno, ma alla fine non lo trovai e non portai a termine l’omicidio».

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Mesi a studiare i movimenti di un uomo, che oggi non fa fatica a riconoscere in televisione. Indagine condotta dai pm Antonella Fratello, Simona Rossi e Gloria Sanseverino, sotto il coordinamento dell’aggiunto Giuseppe Borrelli, ecco la versione del pentito: «Ritornando all’agguato a Salvatore Nurcaro (target dell’agguato di piazza Nazionale, miracolosamente sopravvissuto agli spari), sapevamo che Antonio Marigliano, ‘o silano, lo cercava. Dopo l’agguato, quando ho visto il video ho riconosciuto Armando Del Re e la sua moto. L’ho riconosciuto subito, prima che venisse arrestato, ero già in carcere, ho visto i video e il telegiornale Tg3 Campania. L’ho riconosciuto dalla statura e dai movimenti e ho anche commentato con mia moglie al colloquio quella scena, dicendole “hai visto chi è? È Armando”. D’altra parte - ha aggiunto poi il collaboratore di giustizia - era il suo modus operandi, in quanto lui va sempre da solo». Ed è sul concetto di «andare sempre da solo» che il pentito insiste, spiegando che si trattava di un modo di agire da killer solitario, con una freddezza flemmatica, fino a diventare banale: esattamente come emerge dalle immagini dell’agguato dello scorso tre maggio. 
 


Ma non è tutto. Stando alla ricostruzione del collaboratore di giustizia, il mandante dell’agguato di Salvatore Nurcato sarebbe Antonio Marigliano, che non a caso viene iscritto nel registro degli indagati proprio per i fatti di piazza Nazionale. Un’inchiesta che ora attende le mosse della Procura, con una probabile richiesta di rinvio a giudizio a carico dei fratelli Del Re, in relazione al ferimento della piccola Noemi, della nonna Immacolata Molino e del target originario dell’agguato Salvatore Nurcaro.
Difeso dai penalisti Claudio Davino e Antonietta Genovino, Armando Del Re ha respinto nel corso di un lungo interrogatorio l’accusa di essere l’uomo del video: «Quello vestito di nero non sono io e non mi somiglia neanche, non avevo alcun motivo per ammazzare quel tizio...». Stessa determinazione difensiva rappresentata dal fratello più giovane Antonio Del Re (difeso dal penalista Leopoldo Perone), che dovrà vedersela a sua volta con le immagini delle videocamere di corso Arnaldo Lucci. Ricordate quella scena? Antonio Del Re sbuca in sella a una moto dalla zona delle Case nuove, poi incontra il fratello Armando nei pressi di un «circoletto». Mancano pochi minuti all’inferno di piazza Nazionale, quando entra in scena il killer solitario, oggi riconosciuto dall’uomo che voleva ucciderlo sotto casa. 

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