Napoli: sfrattati dal boss, padre e figlia perdono gli alloggi

Napoli: sfrattati dal boss, padre e figlia perdono gli alloggi
di Daniela De Crescenzo
Sabato 25 Maggio 2019, 08:00
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Torna a casa e la trova distrutta: non c'è più niente, nemmeno gli infissi. Sei mesi dopo viene avvicinato da un vicino appena uscito di galera che gli intima: «'O zi, voi siete una brava persona ma ve ne dovete andare». «E dove?», replica il poveretto. Immediata la risposta: «Non sono problemi miei. Anzi, pure vostra figlia deve lasciare la casa». La donna abita a San Giovanni, nel Bronx di Taverna del Ferro, a qualche chilometro dal malavitoso. Ma la minaccia non è di quelle che si possono sottovalutare e così le due famiglie, terrorizzate, lasciano gli appartamenti che il Comune aveva assegnato in via Alveo Artificiale, a Ponticelli, e a San Giovanni, e si trasferiscono a Casoria a casa di parenti.
 
Poi, dopo qualche mese, a giugno del 2018, il pensionato denuncia il tutto ai carabinieri e chiede al Sunia, il sindacato degli inquilini, di intervenire. E il segretario dell'organizzazione, Antonio Giordano, si rivolge al Comune scrivendo: «Facciamo rilevare la gravità di quanto avvenuto nei confronti delle interessate, estromesse con la violenza e le minacce dalle case legittimamente detenute, ad opera di un noto pregiudicato della zona appena uscito dalla galera» e chiede l'assegnazione provvisoria di nuovi alloggi in attesa della conclusione delle indagini.

La lettera, però, resta senza risposta e così il sindacato ad aprile di quest'anno scrive nuovamente al Comune. Inutilmente. Intanto le due famiglie pellegrinano da un parente all'altro. E non sono certo le sole. Sostiene Giordano: «Ancora una volta emerge in alcuni rioni della città la criminalità detta legge anche sulle assegnazioni o il possesso delle case popolari. Quelle poche volte che gli assegnatari hanno il coraggio di denunciare la violenza o le sopraffazioni vanno tutelati nella maniera più assoluta».

Immobiliare camorra: a gennaio di quest'anno i carabinieri di Scampia hanno arrestato Raffaele Bozzoatro e Pasquale Auriola. Il primo pretendeva dal secondo un canone di affitto per un appartamento della Vela Azzurra, di proprietà del Comune, ma da lui occupato e poi subaffittato illegalmente ad Auriola, detenuto agli arresti domiciliari. A febbraio una famiglia di Pianura è stata sfrattata dall'alloggio di via Ponticelli e l'abitazione ha cambiato occupanti tre volte in dieci giorni: mobili, suppellettili, vestiti dei malcapitati sono finiti in strada.

Storie che si somigliano e che si ripetono con inquietante regolarità. Del resto che la camorra sia interessata alla gestione degli alloggi pubblici è stato stabilito anche con sentenze passate in giudicato: esponenti di spicco del clan Mele sono stati condannati per aver sfrattato una famiglia di Pianura, dopo la denuncia degli assegnatari rappresentati dall'avvocato Alessandro Motta. E uno dei malviventi, Antonio Calone, come si legge nella sentenza, aveva minacciato i legittimi assegnatari spiegando: «La casa l'ha presa il Sistema e non si può ragionare con chi ha voluto questo». Chiaro, chiarissimo.

E se non bastasse, se si avessero dei dubbi su chi assegna veramente le case degli enti pubblici, basterebbe leggere qualche dichiarazione dei collaboratori di giustizia per evitare ogni incertezza. Il pentito Raffaele Stefanelli ha raccontato quello che succede nel parco Conocal dove per anni hanno comandato i D'Amico: «Nel rione chi vuole vendere una casa deve avere l'approvazione di Nunzia D'Amico, la quale prende anche una quota dei soldi. Nunzia si libera degli indesiderati. Noi chiamavamo Nunzia D'Amico la Sensale perché lei prendeva sempre una quota sia dal venditore che dall'acquirente delle case del Conocal». E secondo il pentito Giuseppe Sarno il suo clan vendeva a Ponticelli gli alloggi del Comune per cifre varianti tra i 7 e i 20mila euro.
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