Napoli. Passaporto al boss latitante. Indagini su un ambiasciatore

Napoli. Passaporto al boss latitante. Indagini su un ambiasciatore
di Leandro Del Gaudio
Martedì 2 Febbraio 2016, 09:28
4 Minuti di Lettura
Un paio di mail in uscita dal computer di un commercialista genovese, un cognome pesante di uno dei wanted della camorra napoletana, che oggi più che mai rievoca faide e spostamenti di soldi sospetti. Eccolo lo scenario che spinge la Procura di Napoli a spedire carte (informative, fotografie e altro materiale investigativo) al Tribunale internazionale, per segnalare il caso di un ambasciatore italiano presso la Repubblica di Guinea. Inchiesta sui clan scissionisti, la Procura di Napoli batte tutte le piste possibili, sollecitando l’attenzione del Tribunale romano che si occupa anche delle vicende che coinvolgono i diplomatici italiani nelle sedi estere. Uno scenario investigativo che emerge dalle indagini in materia di camorra. Non risponde di fatti legati ai clan, bene chiarirlo, anche se sul conto del diplomatico italiano è logico attendersi delle verifiche a stretto giro.

Si chiama Raffaele Maiorano (al momento non risulta indagato, bene chiarirlo) e il suo nome emerge dagli atti depositati in questi giorni dalla Dda di Napoli sul gruppo Cerrone-Imperiale, a sua volta ritenuto cassaforte economica della camorra di Secondigliano.

Droga, investimenti a Dubai, grandi operazioni immobiliari che fanno emergere uno spaccato di interventi (di complicità?) da parte di esponenti della borghesia degli affari. È così che accanto a Attilio Eugenio Repetti (classe 1946), il commercialista di Genova in cella da qualche giorno per presunti contatti con gli Amato-Pagano, ora la Procura intende approfondire anche la posizione di altri soggetti. È un capitolo centrale delle indagini del pool anticamorra del procuratore aggiunto Filippo Beatrice (e dei pm Stefania Castaldi, Maurizio De Marco e Vincenza Marra), che riguarda la storia di un passaporto assegnato a Raffaele Imperiale, a sua volta presunto boss di Secondigliano tuttora a Dubai, lontano dalle maglie della giustizia napoletana.
Qual è il punto? La Procura di Giovanni Colangelo chiede alle autorità ministeriali di verificare il ruolo del diplomatico Raffaele Maiorano, alla luce di mail e intercettazioni intrecciate con il presunto faccendiere Repetti.

Siamo a febbraio del 2013, la polizia olandese è sulle tracce di Repetti, che è da poco sbarcato nei Paesi Bassi, quando viene contattato dall’ambasciatore italiano in Guinea, «in relazione al rilascio di un passaporto del Costarica in favore di Raffaele Imperiale», scrivono gli inquirenti. E non è tutto. «È il tuo amico», dice Maiorano a Repetti, facendo riferimento proprio al grande assente dell’ultima inchiesta della Dda di Napoli. Altro contatto sospetto riguarda invece una mail del 17 maggio del 2013, questa volta a firma di Attilio Repetti, che rappresenta l’estrema «urgenza» della questione. Ma seguiamo il ragionamento fatto dal professionista genovese al diplomatico: «All’imprenditore Raffaele Imperiale interessa avere - con urgenza - per motivi d’affari un passaporto, al momento di un paese Centro e Sud America, dove il cognome sia solo quello della madre ... Ti sarò grato se potrai, intervenire. Ovviamente, in questa fase può andare bene anche un altro passaporto, diverso da quello del Messico, sempre con il regolare cognome della madre... Se poi, tu facevi il caso del Costarica, il passaporto da emettere è diplomatico, ancora meglio!... Il mio amico imprenditore continuerà a conservare il passaporto italiano ed il passaporto spagnolo».

Agli atti un’informativa di pg (frutto del lavoro svolto dagli uomini del nucleo di polizia tributaria della Finanza, ma anche degli agenti di Mobile e Sco), nella quale «Maiorano evidenziava la necessità di verdersi e parlarsi da vicino», mentre Repetti si attiva presso lo studio dell’avvocato Fernando Durango di Guayaquil (Ecuador), scrivendogli una mail dal contenuto simile alle precedenti. Parole poco chiare, sulle quali i diretti interessati avranno modo di motivare la propria versione nelle rispettive sedi. Sta di fatto che il carteggio e i contatti tra i due (ovviamente solo telematici o telefonici) vanno avanti, nella ricerca di un corridoio internazionale per assicurare trasferte globali al presunto narcos della camorra di Secondigliano. Siamo negli anni della terza faida per la droga, Napoli è una polveriera (dopo l’omicidio di Raffaele Stanchi, gennaio del 2012), i «girati» di Antonio Mennetta seminano il panico, mentre c’è chi si organizza ad ottenere viatici e salvacondotti al presunto «banchiere» della camorra.

Repetti insiste e aggiunge che «l’imprenditore e la moglie hanno realizzato alcuni investimenti immobiliari in Spagna», quasi a voler dimostrare la «potenza economica di Imperiale». Altri passaggi suggestivi, come quelli in cui Repetti cerca di organizzare un incontro di Maiorano con Imperiale, sempre più calato nelle vesti di un imprenditore capace di far girare soldi e muovere contatti prestigiosi nel campo dell’architettura. Repetti ricorda infatti che «l’interessato» al passaporto avrebbe avuto la forza di contattare dal canto suo un architetto di fama mondiale per la realizzazione di 10 ville a Dubai ciascuna del valore di 20 milioni di dollari.
È così che gli inquirenti vanno a fondo, tanto da identificare nell’architetto di cui si parla nelle conversazioni Zaha Hadid, nata a Baghdad, naturalizzata britannica, che rappresenta una sorta di biglietto da visita nei confronti dell’ambasciatore.
Una vicenda destinata a inevitabili approfondimenti: «Attilio - dice l’ambasciatore al telefono - perché ho un’altra cosa molto importante... perché io ho messo a posto la situazione lì per te e per il tuo amico!».

Undici arresti, un commercialista in cella, un presunto boss latitante a Dubai, un avvocato di Genova intercettato mentre parla con altri professionisti e un ambasciatore su cui la Procura chiede verifiche. Accertamenti in corso, si segue la pista dei soldi, nel tentativo di verificare se sono state sborsate tangenti per assicurare un volto pulito a un soggetto in grado di gestire la cassa dell’economia napoletana: quella della droga da bancare a Napoli, con o senza le faide che hanno insanguinato l’area metropolitana tra il 2011 e il 2013.
© RIPRODUZIONE RISERVATA