Napoli, per Port'Alba si muove il pm; inchiesta sull’abbandono: «Omissioni nel mirino»

Svolta dopo la campagna del Mattino: «Verifiche sui danni provocati da inerzie»

Port'Alba
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Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Martedì 7 Novembre 2023, 23:30 - Ultimo agg. 9 Novembre, 07:29
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Il degrado, l’abbandono che rischia di danneggiare in modo irreversibile i resti di un pezzo di centro storico, vero e proprio varco per la Napoli della cultura. Ma anche gli allarmi inascoltati, non ultimo i crolli che hanno scandito gli ultimi mesi, al punto tale da spingere tre librai a lanciare l’allarme e a rivolgersi al principale quotidiano del Sud per chiedere un intervento risolutivo. E non è tutto. Sarà centrale anche lo scontro - ennesimo, nella città del contenzioso perenne - tra pubblico e privato, vale a dire tra Comune e residenti sul perimetro delle proprie responsabilità. Sono questi i punti destinati a finire in un fascicolo giudiziario, destinato a fare chiarezza sul caso Port’Alba, dopo l’inchiesta de Il Mattino sulle condizioni di abbandono in cui versa uno dei monumenti simbolo del nostro centro storico. Rassegne di giornale, dichiarazioni incrociate, allarmi inascoltati, interventi di esperti. 

È il primo passo di un faro investigativo acceso dalla Procura di Napoli, ora come in altre occasioni determinata a fare chiarezza su questioni di interesse collettivo, specie quando in ballo ci sono due temi in particolare: la sicurezza delle persone, in particolare di turisti e passanti che affollano la zona di Port’Alba; ma anche la necessità di tutelare il nostro patrimonio architettonico, a cominciare da fregi e capitelli, stucchi e pareti che adornano interi complessi monumentali. Una vicenda probabilmente destinata all’attenzione del pool guidato dal procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli, coordinatore delle indagini legate al contrasto di ogni genere di illegalità che si abbatte sul nostro patrimonio culturale. Verifiche inevitabili, che vanno raccontate a partire da una premessa, anche alla luce dello strepito mediatico che la storia di Port’Alba sta suscitando: non si tratta di una inchiesta finalizzata a criminalizzare qualcuno, ma a verificare se ci sono ipotesi di reato in campo penale. Inchiesta esplorativa, dunque, che al momento non doverebbe recare ipotesi di accuse, né - ovviamente - indagati. Ma proviamo ad entrare nelle pieghe di questi accertamenti investigativi. In primo luogo si punta a verificare le circostanze legate al crollo di calcinacci dalla parte centrale della volta. Si tratta di episodi che si sono ripetuti in modo abbastanza frequente negli ultimi tempi e che non hanno provocato danni alle persone, solo grazie alla presenza di una rete metallica di contenimento.

Inevitabile una domanda: c’è un rischio per le persone? Quanto regge quella rete? Poi si punta a scavare. L’obiettivo è chiaro: capire a chi spetta la manutenzione di quella parte della volta di Port’Alba. È il nodo principale da sciogliere, dal momento che in questo - come in altre strutture monumentali del centro cittadino - coesistono interessi pubblici e privati. In che senso? Parliamo del civico 30, come ha avuto modo di documentare il nostro giornale nell’edizione in edicola ieri mattina. Parliamo di residenti privati, ma anche di strutture di proprietà del Comune di Napoli.

Dunque, a chi spetta l’intervento di manutenzione? Stando alle carte di un contenzioso, la parola dovrebbe passare a un consulente nominato dal Tribunale, che ha sessanta giorni per perimetrare il campo delle rispettive competenze. Parliamo di aspetti che dovranno essere valutati, sempre e comunque, nel tentativo di impedire danni alle persone e scongiurare il deterioramento dell’edificio.

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Uno scenario nel corso del quale sarebbe opportuno recuperare, sempre a titolo conoscitivo, le recenti diffide partite da Palazzo San Giacomo nei confronti degli stessi condomini. Si tratta di tasselli di una vicenda decisamente più ampia, che conviene esplorare alla luce dell’intervento di Sergio Locotaratolo, coordinatore delle politiche culturali per conto di Palazzo San Giacomo. In sintesi, il braccio destro del sindaco Manfredi ha annunciato «una nuova diffida verso il condominio». A cosa si fa riferimento? Il Comune ha diffidato il condominio ad eseguire la messa in sicurezza del sito, ovviamente nel presupposto che questo tipo di interventi spettasse ai privati. Come è ormai chiaro, è subentrato un contenzioso e si attende la perizia disposta da un giudice, ma appare evidente a tutti che lo scenario non può rimanere cristallizzato fino alla fine di gennaio. Dunque? È ancora Locoratolo a spiegare così la posizione del Comune: «Anche in mancanza di autonoma e tempestiva iniziativa da parte del condominio, il Comune diffiderà lo stesso ad eseguire la messa in sicurezza, e in ipotesi di mancato rispetto di questa sollecitazione, provvederà direttamente». È chiaro comunque che non si può procedere all’infinito con schermaglie, diffide, colpi di forza tra pubblico e privato, in uno scenario in cui ora è la Procura che potrebbe accendere i propri riflettori. 

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