È successo tutto intorno alle 20 di domenica scorsa: via Terracina, quartiere Fuorigrotta, nei pressi della fermata dell'autobus, all'altezza dell'incrocio con la strada che conduce a viale Giochi del Mediterraneo, una donna anziana è a terra, rannicchiata e sofferente, si lamenta con una mano stretta al petto.
Un giovane, Stefano Branciforte, giornalista, già portavoce dell'Aima (Associazione italiana malati di Alzheimer), è in macchina con la fidanzata, diretto verso casa. «Ho dovuto rallentare perché chi mi precedeva era incuriosito dalla scena.
All'arrivo dall'ambulanza i sanitari hanno fatto sedere la signora su una panchina lì vicino, le hanno misurato i parametri vitali e poi hanno effettuato un elettrocardiogramma con sistema telematico, preso una vena e infuso una flebo. «Pare che non fosse in pericolo di vita - aggiunge Branciforte - mi hanno detto che non era un infarto, ma a quanto pare colpita da una crisi respiratoria. Quando ho capito che la signora era in buone mani e adeguatamente assistita, sono andato via. Non so in qualche ospedale sia stata portata. Sono convinto di aver fatto solo il mio dovere come cittadino, osservando le norme di sicurezza ma senza sottrarmi a un gesto che a me è sembrato ovvio». La donna è stata condotta in ospedale al San Paolo. Dopo i primi accertamenti è emerso che si era trattato di una crisi parossistica di asma. Una storia a lieto fine.
«Una vicenda emblematica commenta Alberto Vito, responsabile dell'unità di Psicologia clinica all'ospedale dei Colli - di come le valutazioni soggettive e dunque le rappresentazioni possano prevalere sulle valutazioni oggettive e falsare la realtà percepita. Complici di tali errori cognitivi, che si riflettono sulle reazioni emotive, sono anche la narrazione dei fatti attraverso strumenti totalmente disintermediati come i social». L'esperto aggiunge: «Vincono così le relazioni emotive e irrazionali piuttosto che quelle fondate su una base oggettiva. Questo aspetto lo incontriamo in maniera esacerbata, quando esaminiamo le reazioni di alcuni utenti nei confronti del personale sanitario addetto alle cure: un meccanismo patologico di proiezione delle proprie paure e inadeguatezze fa scaturire in alcuni casi una massima ammirazione e in altri, purtroppo, aggressività assurda e immotivata».