Napoli: ragazzina sfregiata ai Quartieri spagnoli, ​condannato il figlio del boss

Lui 16 anni, lei soltanto 13: punita per aver troncato il fidanzamento

I carabinieri nei Quartieri spagnoli
I carabinieri nei Quartieri spagnoli
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 6 Marzo 2023, 23:59 - Ultimo agg. 8 Marzo, 07:25
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Ha agito con premeditazione, giurando vendetta. Scrisse alla ex fidanzatina che, se l’avesse incontrata in strada, l’avrebbe sfregiata, le avrebbe cambiato i connotati. Poi, quando la incontrò, la bloccò lungo il marciapiede e diede seguito al disegno criminale: l’afferrò per il collo, sfregiandole il viso con un coltello. E non fu un incontro accidentale, di quelli estemporanei, perché aveva dato la caccia alla sua ex per un intero pomeriggio, battendo i vicoli di Quartieri spagnoli e di via Pignasecca. Sapeva dove incontrarla, conosceva i luoghi dove la ragazzina trascorreva qualche ora di relax, assieme a una propria coetanea. Ed è entrato in azione.

È questa la ricostruzione costata la condanna a cinque anni e quattro mesi nei confronti del figlio di un presunto esponente della camorra in zona Montecalvario. Storia di minori a Napoli: vittima e aggressore sono giovanissimi e sono finiti al centro di un fattaccio di cronaca. Lui 16 anni, lei appena 13 anni. Ricordate cosa accadde la scorsa estate? Siamo a luglio, quando si scopre che un ragazzino ha ferito al volto la sua ex fidanzatina. Indagini dei carabinieri, si scopre che il raid era premeditato. Decisivo il racconto della vittima, ma anche quanto emerso dalla chat intercorsa tra i due. In sintesi, lei non voleva più frequentare l’ex fidanzatino, che - dal canto suo - non tollerava che quella ragazza potesse intraprendere una vita completamente autonoma. Un’aggressione brutale, ricostruita ieri mattina in aula, al termine delle indagini condotte dal pm Emilia Galante Sorrentino, magistrato in forza alla Procura coordinata dalla procuratrice Maria De Luzenberger.

Ed è stato proprio nel corso del processo che ha preso forma l’aggravante della premeditazione. Tanto da spingere il pm a chiedere una condanna a otto anni di reclusione. Una richiesta accolta solo in parte dal giudice - il magistrato Anita Polito - che ha condannato a cinque anni e quattro mesi il ragazzino. Difeso dal penalista Domenico Dello Iacono, il minorenne ha provato a chiedere scusa per l’aggressione, mostrando di aver intrapreso una sorta di percorso di riabilitazione.

Lento, ma convincente, alla luce di una serie di relazioni di servizio depositate in aula. Ed è proprio in queste carte difensive che si fa riferimento ad un encomio ricevuto di recente dal minorenne all’interno del carcere di Nisida. In sintesi, si sarebbe immolato per salvare un giovane detenuto che aveva appiccato le fiamme a un materasso, all’interno della cella nella quale era recluso. Un momento di sconforto, all’interno del carcere che ha il mare fuori, nel quale si è consumato un episodio di eroismo. Non curandosi del pericolo, il minore ha aiutato gli agenti di polizia penitenziaria per soccorrere il ragazzo in balìa di se stesso. 

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Ma torniamo alla storia dello sfregio. È stato un episodio gravissimo, che ha fatto registrare anche una coda avvelenata e violenta. Pochi giorni dopo il ferimento della ragazzina, qualcuno ha infatti esploso colpi di pistola per ferire un parente del ragazzino aggressore. Un agguato che ebbe subito il sapore di una vendetta trasversale, da parte di chi non aveva accettato un colpo tanto meschino nei confronti di una ragazzina. Intervistata dal nostro giornale, la vittima di questa storia ha fatto riferimento alla ferita ricevuta come qualcosa che andava ben oltre la questione estetica. Era una ferita - ha avuto modo di spiegare - che l’aveva raggiunta nella sua esigenza di autonomia, lontano da pretese possessive e rivendicazioni di sapore medievali. 

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