Napoli, la “sconfitta” delle ganasce: tutte rubate, ne restano soltanto tre

Napoli, la “sconfitta” delle ganasce: tutte rubate, ne restano soltanto tre
di Paolo Barbuto
Domenica 13 Marzo 2022, 00:00 - Ultimo agg. 18:00
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Questa è la storia triste della sconfitta delle ganasce a Napoli: umiliate dalla tracotanza dei cittadini, devastate dalla violenza degli automobilisti, infine abbandonate ai margini dei marciapiedi, inutilizzabili. A Napoli nel periodo più intenso dell’attività erano disponibili circa 250 bloccaruote, oggi ne sono rimasti in tutto tre, forse sei se si va a scavare bene in fondo ai depositi: gli altri sono stati distrutti o rubati. 

Tutto ha avuto inizio nel 2007, anno in cui a Napoli si decise di colpire le auto in sosta selvaggia con l’utilizzo delle ganasce: ceppi agli pneumatici e obbligo di pagamento immediato per il rilascio della vettura. Una situazione che, dopo un primo momento di tentennamento, generò una immediata reazione da parte degli incivili. Di primo acchito, i napoletani riottosi al pagamento trovarono un metodo semplice per evitare di rimanere fermi. I primi modelli di bloccaruote utilizzati in città potevano essere rimossi sgonfiando leggermente gli pneumatici, quel tanto da permettere alle ruote di sfilarsi dalla morsa. Poi vennero acquistati strumenti più severi che non potevano essere rimossi con semplicità. Allora i delinquenti in automobile iniziarono a sfasciare le ganasce sul posto per poi andare via lasciando i ferri devastati al bordo del marciapiede. Si trattava, però, di un’operazione complessa e rumorosa che non sempre andava a buon fine. Erano stati acquistati, difatti, bloccaruote di prima qualità, resistenti e quasi indistruttibili. Così fu necessario trovare alternative: la più in voga, per un certo periodo, è stata quella di utilizzare piccoli carrelli da sistemare al di sotto della ruota “ganasciata”, per poter così trasportare comodamente l’auto in un’officina e provvedere alla rimozione del ceppo senza dare troppo nell’occhio.
Poi, col passare del tempo e la necessità di ripristinare il “parco ganasce”, sono stati rimessi in servizio i vecchi oggetti di minore qualità, quei bloccaruote che si riuscivano facilmente a rimuovere senza fare troppo caos.

Però dopo averli staccati dagli pneumatici, i napoletani impararono a portarli via, nel tentativo di cancellare i segni della malefatta: finivano generalmente in mezzo a una delle tante discariche a bordo strada che ci sono in città. Quasi mai venivano recuperati e finivano nelle discariche.

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Il servizio di bloccaruote è stato sospeso nel 2017. Inizialmente era gestito da NapoliPark, poi quando l’azienda comunale venne assorbita da Anm, anche l’attività delle ganasce si spostò all’Azienda di mobilità. Anche se lontana nel tempo, la questione s’è trascinata dietro una lunga scia di denunce, ecco perché ancora oggi se ne parla e per quale motivo siamo stati in grado di raccogliere tanti dettagli: perché tutt’ora queste vicende si discutono in tribunale. I napoletani che nel corso degli anni hanno fatto i furbi con le ganasce, non hanno fatto i conti con un dettaglio: ognuno di quei ceppi di ferro è numerato e, quando viene agganciato a un’auto, il numero di serie viene collegato alla targa della vettura fino al momento dello sblocco. Insomma, per farla breve, chi ha pensato di fuggire portandosi dietro le ganasce appena rimosse dalla propria auto, è stato immediatamente rincorso dagli avvocati che hanno presentato, secondo dati ufficiosi, almeno duecento denunce nel corso degli anni, per danneggiamento o furto.La questione, spiegano gli esperti, trascina i delinquenti delle ganasce nel penale, e questa è una vera iattura per tanti furbetti della viabilità napoletana. Sono centinaia le persone che commettono violazioni al codice della strada con la certezza di non aver nulla da perdere perché, formalmente, sono nullatenenti. Basta, però, saper muovere bene le proprie pedine sulla scacchiera della burocrazia per risultare poveri in canna e, quindi, impossibilitati a pagare le contravvenzioni e senza nessun bene da aggredire per ottenere un pagamento forzato: nel gruppo dei furbetti finti-nullatenenti non ci sono solo personaggi da strada ma anche persone dell’alta borghesia cittadina. 

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Nel caso dell’imbroglio del bloccaruote, però, la “tutela” da nullatenenti non ha più valore. I soggetti possono evitare di pagare una contravvenzione ma, siccome in questo caso la denuncia è penale, rischiano comunque di pagare il conto con la privazione della libertà. Insomma, anche se da cinque anni non esistono più i bloccaruote in città, la vicenda è ancora attuale negli studi legali e nelle aule di tribunale. Dopo il decennale esperimento, condotto tra il 2007 e il 2017, a Napoli la questione delle ganasce non è mai più tornata in auge. L’esperienza è stata drammatica e la procedura è stata definitivamente bollata come “improduttiva”: la gestione del personale per l’applicazione e lo sblocco dei ceppi, la necessità di mantenere una costante presenza sul territorio, la pressante richiesta di nuovi bloccaruote per sostituire quelli distrutti o rubati, imponevano costi che non riuscivano nemmeno a coprire i ricavi. Insomma, Napoli ha umiliato e sconfitto le ganasce e ha fatto in modo che non tornassero più. Che imbarazzo, che vergogna.

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