Napoli, dai finti badge alle buste paga gonfiate al Loreto Mare: «Ecco i truffatori seriali»

Napoli, dai finti badge alle buste paga gonfiate al Loreto Mare: «Ecco i truffatori seriali»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 26 Gennaio 2022, 23:29 - Ultimo agg. 28 Gennaio, 18:56
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Da furbetti del cartellino a furbetti delle buste paga. Da presunti assenteisti a sedicenti capi di famiglie cresciute dal giorno alla notte grazie al surplus di assegni familiari. Eccoli i seriali della truffa, almeno secondo le ipotesi della Procura, ipotesi che - non ci stancheremo mai di dirlo - vanno misurate con il verdetto di un giudice. Fatto sta che, a distanza di cinque anni, gli stessi nomi si ritrovano protagonisti di due vicende poco gratificanti, a proposito della sanità cittadina e della gestione di soldi pubblici. Proviamo a fare chiarezza: ben quattro dei dipendenti del Loreto mare coinvolti due giorni fa nell’inchiesta sulle buste paga gonfiate sono finite nelle maglie dell’inchiesta terremoto che si è abbattuta cinque anni fa sul Loreto Mare. Ricordate? Marzo del 2017, una cinquantina di arresti per la storia dei cartellini marcatempo usati con una certa disinvoltura, tutti a vario titolo accusati di assenteismo. Un’inchiesta non ancora approdata a una sentenza di primo grado, che attende la valutazione dei giudici nel corso di un lungo contraddittorio, che non ha messo al riparo i diretti interessati da nuovi inciampi giudiziari. Ed è così che due giorni fa, alcuni nomi dell’inchiesta sui badge ballerini sono stati raggiunti da pesanti accuse, nel corso di un’indagine condotta dal pool mani pulite della Procura di Napoli.

Truffatori seriali? Recidivi della mazzetta? Inutile anticipare verdetti, conviene rimanere alle cose fino a questo momento emerse. Partiamo dalla fine, dall’ultimo atto di accusa, in una sorta di furbettopoli che si ripropone a distanza di qualche anno, secondo schemi per molti versi simili. Due giorni fa, dunque. Inchiesta condotta dal pm Mariella Di Mauro, sono otto le misure cautelari in una inchiesta che vede ben 22 soggetti indagati. Si va dalla trama di relazioni nell’ufficio contabile, per finire alla rete di procacciatori di affari che avrebbero contattato alcuni dipendenti nelle varie realtà ospedaliere cittadine. Patto all’insegna del maneggio, sembra di capire: da un lato le buste paga sono state sapientemente gonfiate, dall’altro l’obbligo di restituire a mo’ di tangente una parte di soldi incassati ogni mese in modo illegale. Qualcuno - secondo le accuse - avrebbe portato a casa fino a 30mila euro l’anno, riuscendo a versare nelle mani degli organizzatori della presunta truffa fino a seimila euro, con tante grazie. Ma proviamo a fare un focus sull’ospedale Loreto Mare, alla luce dell’ultima inchiesta.

Sono undici su ventidue i dipendenti del Loreto Mare che avrebbero beneficiato della manina all’interno dell’economato dell’Asl: tra questi, quattro erano recidivi.

Nel senso che sono attualmente imputati nel corso del processo che si sta celebrando dinanzi alla prima sezione penale (presidente Cirillo) e nelle prossime settimane avranno modo di ascoltare le conclusioni della Procura di Napoli sul loro conto. Truffa e falso le accuse mosse all’epoca (i fatti sono riconducibili al 2014), al punto tale che - accanto alle misure cautelari - scattarono le maglie della legge Brunetta, contro l’assenteismo. Assieme ad altri presunti complici, si sarebbero allontanati dal luogo di lavoro, affidando il badge ad altri complici, potendo contare sulle presunte commistioni di responsabilità in seno all’ufficio economato. 

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Tutto chiaro? Inevitabile una domanda. Come è possibile che cinque anni dopo arresti e sospensioni c’è chi si ritrova di nuovo sotto inchiesta, ancora per reati contro la pubblica amministrazione? La risposta è tutta nella procedura e nei tempi in cui si consumano indagini e accertamenti a dibattimento. «In sintesi - spiegano al Mattino i vertici dell’Asl Napoli uno -, dopo gli arresti sono arrivate le sospensioni da parte dell’ufficio sanitario, ma non si può sospendere a vita un dipendente, di fronte al sacrosanto principio della presunzione di innocenza». E quindi? Sono tornati al loro posto, nella stessa struttura, nello stesso ospedale dove non si sarebbero persi d’animo, non si sarebbero scoraggiati più di tanto. 

Ma proviamo ad affrontare le singole accuse che vengono mosse ai soggetti finiti nelle carte della nuova vicenda giudiziaria, quella legata alle buste paga gondiate. Interdetti per un anno per gli amministrativi Ciro Alfano, Emma Guerra e Filomena Mandolfi; vengono raggiunti da decreti di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria Paolo Bello, Vito Biasi, Armando Chirichella, Mario Coronella, Gaetano Esposito. Avrebbero costruito a tavolino buste paga cariche di voci in aggiunta (parliamo di assegni familiari), in modo da caricare telematicamente degli ordini di pagamento che - nel corso di un solo anno - hanno provocato un buco di 340mila euro alle casse dello Stato. Scenari simili, in attesa di verifiche a dibattimento e di giudizi definitivi, dove le stesse accuse (per fatti lontani negli anni anni) ritornano a carico delle stesse persone, innocenti fino a prova contraria.

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